
Nella Fenomenologia di Mike Bongiorno Umberto Eco scriveva:
Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.
Fatte le dovute distinzioni, noto un non so che di fenomenologia anche nella pratica di scrivere contenuti sotto forma di check-lists, per punti chiave, per elenchi.
Tanti articoli sono ormai accomunati da titoli molto simili tra loro: assistiamo a un costante susseguirsi di frasi ad effetto. I 5 modi per conquistare il capo, le 10 regole del CV perfetto, i 7 peccati da non commettere sul web, e via all’infinito.
Il numero cambia sempre ma il protagonista incontrastato resta lo stesso.
Il numero. Meglio se piccolo così il lettore avrà la percezione che ciò che lo attende è un testo breve che potrà evitare di leggere tanto basterà guardare di sfuggita le parole in grassetto per aver capito tutto e cliccare condividi senza sensi di colpa.
Sebbene alcuni contributi ci mostrino un interesse verso i testi lunghi (vi consiglio di leggere il post di Luisa Carrada su questo argomento), non possiamo sfuggire alla tentazione di accorciare i tempi e scrollare indistintamente senza soffermare la nostra attenzione su un contenuto in particolare.
Si tratta di una tentazione legata alla velocità dell’essere connessi, al sovraffollamento di nozioni e testi a disposizione, alla necessità di acquisire il maggior numero di informazioni nel minor tempo possibile.
La rincorsa alla formulazione della nostra opinione ci ha costretti a riempire il nostro cervello di parole.
Eppure il nostro cervello non è affatto come i nostri dispositivi mobili, quelli con i quali ci connettiamo e abbiamo accesso al mondo muovendo un dito.
Per elaborare le informazioni in entrata, il cervello ha bisogno di un canovaccio. Succede la stessa cosa che avveniva a scuola quando avevamo studiato in fretta e furia per l’interrogazione ma in compenso avevamo sottolineato i punti chiave sul libro. Cercavamo di tenere il libro aperto per poter sbirciare e intervenire.
Tempo fa ho letto una frase che mi è rimasta impressa: “non ascoltiamo per capire, ascoltiamo per replicare o controbattere”. Allo stesso modo la lettura si presta a diventare strumento per formulare velocemente un’opinione.
In alcuni casi l’elenco puntato o la struttura per elementi chiavi serve davvero.
Innanzitutto serve ad ancorare la lettura e a renderla più semplice e comprensibile: parliamo di una necessità di ordine grafico. La scrittura è architettura e necessita anche di accorgimenti grafici e visivi per essere compresa.

Sui libri di scuola ci limitavamo a sottolineare le parole che erano già in grassetto o andavamo oltre?
In parte i contenuti web seguono la natura dell’ambiente nel quale nascono e ne presentano pertanto le stesse regole di brevità e immediatezza.
Nel testo però ognuno di noi dovrebbe sentirsi libero. Libero di cercare i propri punti chiave, di non leggere un articolo solo per grassetti, di decidere di accostarsi ad un testo da scoprire e che non si proponga solo da manuale di istruzioni.
Vero è che certi accorgimenti sono necessari, e per chi scrive sul web sono il pane quotidiano. Saper attirare l’attenzione del lettore distratto, di quello che snocciola letture in fretta nel caos di un tram o di una stazione, di quello che legge velocemente dallo schermo del suo smartphone, non è cosa semplice. E non è esattamente come attirare l’attenzione del lettore che si è seduto comodo per leggere I fratelli Karamazov.
Nelle regole del mondo digitalizzato, l’occhio umano che legge su un dispositivo è pigro e cerca ciò che può interessargli. Possibilmente in brevissimo tempo.
Ma chi l’ha detto che uno schema vada bene per ogni tipo di contenuto?
Esercizio: potremmo osare e dilungarci, anche se il nostro lettore è un tipo smart che legge solo nel caos di un tram all’ora di punta.
Dovremmo osare anche se siamo lettori caotici e confusionari. Osare spingendoci nella lettura di un testo lungo, anche quando siamo in stazione e non riusciamo a concentrarci davvero.
Sono certa che la scrittura (e la lettura) riescano a superare le richieste di un occhio pigro e sovreccitato. O almeno devono provarci.
Laura Ressa
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