“Raccontare il lavoro è importante perché siamo ciò che raccontiamo. Perché l’Italia che ci piace dà più valore al lavoro e meno valore ai soldi, più valore a ciò che sappiamo e sappiamo fare e meno valore a ciò che abbiamo. Perché lavoro vuol dire identità, senso di appartenenza, autonomia, possibilità.” (Vincenzo Moretti)

Dal giorno in cui ho scoperto su Twitter l’hashtag #lavoronarrato molte cose sono cambiate nella mia vita. In meglio, perché nonostante gli inerpicati intrecci a cui il trascorrere del tempo ci obbliga a far fronte, trovo che ci sia ancora molto da dire, da fare, da capire nella vita di ciascuno di noi. E quindi anche nella mia.

Continuo la mia strada su quel percorso tracciato dal #lavoronarrato una sera di Aprile del 2018 quando i miei occhi recepirono di sfuggita quella parola come qualcosa di simile a un messaggio subliminale.

Cosa potrei fare per rendere questa notte 2019 ancora più speciale? Ci rifletto e penso a quanto sarebbe bello poter fare un viaggio nella mente di un artigiano, di una persona che possiede manualità e che sa unirla alla creatività per realizzare oggetti, mobili, angoli di immaginazione.
La manualità è un grande dono, come lo è la capacità di elaborare dati e parole, di dar vita a immagini o di mettere insieme parole per creare forme e storie.

Mi chiedo cosa pensino queste persone quando mettono in atto le proprie abilità, in quali luoghi la loro mente vaghi, se c’è un pensiero che li guida e dove trovino l’ispirazione per dare libertà alla mente in modi spesso straordinari.
Per me il lavoro narrato è la nostra mente che ospita gli altri per mostrare le meraviglie che è in grado di creare. Consiste nel condividere con gli altri le modalità attraverso cui queste magie avvengono.
Narrare il lavoro dunque non significa sottolineare la posizione che si occupa nella scala sociale, le promozioni ottenute, il reddito, gli status symbol, la fortuna.
Narrare il lavoro va oltre le vesti delle apparenze che ci vogliamo incollare addosso.

Narrare il lavoro è chiedere a te stesso cosa provi quando realizzi un frutto delle tue mani e del tuo ingegno.

Lavoro narrato è anche raccontare cosa ti fa star bene, a prescindere dal fatto che quello poi sia anche il tuo lavoro oppure no.

Per provare a ipotizzare quale magia si materializzi nella mente di chi crea, mi sono ricordata di una persona conosciuta poco tempo fa. Si chiama Franco ed è un tappezziere che realizza tende, divani, poltrone. Lavora ogni giorno con i tessuti, il legno e altri materiali e usa la sua fantasia in ogni gesto, l’ho visto realizzare pupazzetti divertenti anche con incarti di fortuna trovati in giro. Quella è un tipo di creatività senza briglie che riesce a trovare appiglio in ogni oggetto.
Ho pensato alla mia collega Mimma, la persona con cui condivido gomito a gomito ogni giorno e che possiede grande manualità coltivata sin da bambina con il cucito, l’uncinetto, e poi portata avanti da adulta con la passione per i dolci.
Da anni lavora con entusiasmo come specialista delle attività di marketing e comunicazione e ogni giorno lo fa con una rinnovata speranza nel futuro, una speranza tenace e assai rara in chi svolge da tanti anni la propria professione. Anche quando un processo o un’attività non vanno secondo i piani stabiliti, mantiene sempre salda la convinzione che le cose vadano fatte bene per dignità personale e professionale.
In tante occasioni mi ha insegnato, con l’esempio, che fermarsi a riflettere qualche minuto in più e fare le cose senza fretta ti aiuta a ragionare, a raggiungere il punto critico di una questione, a sbrogliare la matassa, a scovare l’inghippo e a risolverlo.

Riflettendo sul lavoro narrato, ho pensato anche a mia sorella Anna e al suo talento per il disegno. Senza che nessuno glielo abbia insegnato, è riuscita a realizzare bellissime opere di manualità. Ricordo quando impiegò mesi a disegnare un viso su un grande cartellone, soffermandosi più volte sugli occhi per riuscire a immortalare uno sguardo che si avvicinasse il più possibile alla realtà.

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Quest’anno partecipo per la seconda volta alla Notte del lavoro narrato e lo faccio partendo dalle persone che passano ogni giorno accanto alla mia vita.

Spesso tutto ciò che è troppo vicino ai nostri occhi non riusciamo a osservarlo dalla prospettiva giusta.

Per parlare di lavoro non possiamo prescindere da quello che abbiamo imparato dagli altri: dal panettiere sotto casa, dalla nonna che lavorava la lana ai ferri, dalla mamma abile in cucina, dal manovale esperto, dal tappezziere con l’arte nel cuore, dalla collega che coltiva mille interessi, dalla sorella creativa, dal collega che riesce ad accorgersi subito se stai male.
Ecco dunque la Premessa per l’edizione 2019: la Notte del lavoro narrato è una bella occasione per confrontarci su quel che rappresenta per noi il lavoro, per raccontare liberamente le nostre esperienze.
A Bari il 30 Aprile 2019 passerò del tempo con i miei colleghi al di fuori delle mura aziendali, parlerò di lavoro con le persone del mio team che condividono con me un significativo pezzo di strada professionale. Voglio capire come percepiscono il lavoro e quanto lo sentono vicino al proprio essere persone prima ancora che professionisti.
Tireremo le somme e i nostri racconti si trasformeranno poi in testo e immagini a conclusione dell’incontro.

La Promessa è: sforzarci di navigare oltre le apparenze e oltre i ruoli.
Niente slogan, niente brand: solo un racconto condiviso nello spirito che, secondo me, questa occasione può contribuire a diffondere.

E la Scommessa qual è? La scommessa è di avere questo stesso sorriso, quello che scattai lo scorso anno dopo la chiacchierata telefonica con Vincenzo Moretti in occasione della Notte del lavoro narrato 2018.

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Un’altra scommessa è riuscire a trasferire lo stesso spirito a chi condividerà con me quella giornata, le precedenti e le successive.
La scommessa forse ancora più grande è mostrare che il lavoro può essere anche condivisione, confronto, sincerità, scoperta, e che non è un luogo grigio in cui instaurare rapporti di facciata incatenati alle leggi della gerarchia, ma un posto in cui crescere.
Per chi ha tutte le fortune, il lavoro rappresenta anche una crescita professionale.
In altri casi possiamo ritenerci fortunati in egual misura se riusciamo a crescere nel nostro ruolo ma soprattutto a portare un po’ di noi in mezzo a quei volti, un guizzo, un sorriso, una frase di conforto, un interesse sincero per gli altri e per le loro inclinazioni e competenze, una battuta, un abbraccio, un “come stai?” gratuito.
Io ci voglio credere ancora. Voglio credere che questa scommessa, fino alla fine, la vinceremo.

#lavoronarrato, per me il lavoro vale. E per te?

Ci vediamo il 30 Aprile per raccontarlo. Ci vediamo ogni giorno per raccontarlo e metterlo in pratica.

 

Laura Ressa

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Il racconto completo dell’edizione 2019: La notte del lavoro narrato 2019


Le immagini della notte del lavoro narrato 2019 sono state realizzate da Rotta Vittorio


Era il 5 di aprile e tirava una brezza che dava un colore alla quiete, e profumo di pane alle olive” sono i versi di una canzone di Daniele Silvestri. Ho scelto questo giorno per parlare di lavoro narrato perché oggi è San Vincenzo e perché, qualche tempo fa, sono nata io.

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti