
Dentro ognuno di noi vive il ricordo di insegnanti, di maestri ma anche di persone che hanno incrociato le nostre vite riuscendo a ispirarci e a mostrarci le vie che abbiamo scelto di inseguire.
Ho sempre creduto che un bravo maestro fosse quello in grado di sentire una vocazione difficile da definire con termini tecnici. Alcuni riescono a inseguire con coerenza questa vocazione innata, altri svolgono il mestiere di insegnante per mancanza di opportunità, per sentirsi al centro dell’attenzione, perché pensano di poter salire in cattedra con tutti o per altre ragioni che non collimano con il talento.
Il buon maestro per me è sempre stato quello che si percepisce ancora allievo, bisognoso di imparare, cosciente dei propri limiti, desideroso di migliorarsi non solo nella professione ma anche nella propria vita.
Se parlo di insegnanti, uno dei più vividi ricordi che ho è il mio professore di educazione fisica delle scuole medie.
Quando i miei compagni di classe giocavano a pallavolo e io mi rifiutavo di farlo perché non mi sentivo in grado, lui mi costringeva a palleggiare a muro da sola.
Nonostante quel gesto mi facesse sentire stupida, pensandoci a distanza di parecchi anni credo che lui stesse cercando di scatenare in me una reazione. In fondo per provare a fare qualcosa va bene anche sentirsi stupidi all’inizio e trovare da qualche parte il coraggio di provare.
Stephen Hawking ha raccontato in un video l’importanza dell’insegnante che ha cambiato il suo universo: “dietro ogni persona eccezionale c’è un insegnante eccezionale“, dice.
Riflettevo su queste parole di Hawking quando Giada Susca (protagonista di una precedente intervista per Frasivolanti) mi ha chiesto di intervistare la sua istruttrice di fitness Valentina.
Ho pensato che sarebbe perfetta per un’intervista sul coaching e sulle competenze applicabili nello sport e nella vita.
Quella richiesta ha destato in me una riflessione che va oltre la storia del singolo maestro. E siccome nulla capita per caso, Giada mi ha raccontato il motivo di quella richiesta. Dalle suggestioni condivise è nato un articolo su LinkedIn in cui Giada racconta in che modo le persone che ha incrociato hanno cambiato il corso della sua vita.
A proposito della sua istruttrice, Giada mi ha scritto:
Ha avuto la capacità di entrare nella mia testa: ogni volta che sono davanti a un ostacolo da affrontare, penso alla croce che abbiamo visto la prima volta che abbiamo scalato insieme una montagna.
Dalla piccola palestra vicino casa, Valentina Giardi è diventata atleta ufficiale della Nike e tra i suoi allievi ha avuto i Marines dell’ambasciata americana. La sua storia è comune a tante storie di maestri in grado di donare qualcosa che va oltre le ore di lezione e il programma di allenamento o di studio.
1) Valentina, cos’è per te il team building e cosa della cultura sportiva oggi dovrebbe entrare in azienda per migliorare le relazioni, l’approccio all’impegno e la capacità di adattarsi alle sfide?
Nel quartier generale della Nike a Casalecchio di Reno ogni mese uno di noi atleti seguiva un master per formare gli istruttori che durante l’anno avrebbero fatto allenare i dipendenti.
Mi piaceva quella palestra: c’erano giovani dirigenti che in pausa pranzo giocavano a basket, altri che si allenavano in palestra, altri che facevano lezione con noi. A pranzo eravamo tutti insieme e tornavamo al lavoro con uno spirito più leggero e carico di energia. Sarebbe bellissimo replicare tutto questo in ogni azienda!
2) “Devi fare ciò che ti fa stare bene” dice una canzone di Caparezza. Nel tuo lavoro hai trovato ciò che ti fa stare bene?
Io vivo di questo lavoro e mi fa stare bene. Il rapporto con tante belle persone rende ogni giorno questa scelta sempre più forte e concreta. La mia strada era ben delineata e quando è stato il momento, ho fatto la scelta giusta.
3) Quali competenze ti sono sempre servite nello sport e nella vita?
Cultura, educazione, aggiornamenti, tutto serve per essere vincenti nel lavoro (qualunque esso sia) e nella vita. Non mi do mai per arrivata e ogni spunto, ogni situazione di vita, la utilizzo per crescere e migliorare.
4) Cos’è per te la motivazione?
Credo che la motivazione sia soprattutto l’umiltà di credere che ci sia sempre modo di migliorarsi e di crescere.
5) Cosa hai imparato dalle tue esperienze di lavoro?
Ho imparato a relazionarmi con tante tipologie diverse di umanità, a interagire con personalità, caratteristiche, pregi e difetti e ho cercato sempre di immedesimarmi nel tentativo di trovare le chiavi di lettura giuste per ciascuno dei miei interlocutori. Le cose che mi hanno dato fastidio e che mi hanno offeso/ferito mi sono servite a correggere il modo in cui mi relaziono agli altri.
Rispetto e delicatezza sono fondamentali, ma lo sono anche forza e determinazione e la voglia di dimostrare che devo essere io per prima in grado di mettere in pratica il comportamento che pretendo dagli altri.
Anche Giada ha rivolto alcune domande a Valentina.
Un vero maestro non finisce mai di imparare: se avessi la possibilità (e il tempo) cosa ti piacerebbe ancora imparare del mondo sportivo?
Vorrei imparare a trasmettere il più possibile a chi si allena con me. Hai presente quei maestri di arti marziali che hanno tanto di quel sapere da lasciarti affascinato quando li ascolti? Ecco io vorrei diventare così.
Cosa diresti oggi a un adolescente per avvicinarlo al mondo dello sport?
Forse cercherei di fargli capire che grande ricchezza interiore (otre che esteriore e fisica) possiede chi vive lo sport. Un patrimonio che non ti abbandona mai.
Che importanza ha un insegnante nella vita dei suoi allievi? Che ruolo hanno i maestri che incontriamo e che ci insegnano qualcosa di importante spesso senza nemmeno salire in cattedra?
Ho cercato nelle risposte di Valentina anche la mia esperienza e un giorno è arrivata una suggestione inaspettata, come spesso accade quando un testo resta al caldo in bozza per lungo tempo. Ho visto il film Million Dollar Baby, il racconto di una donna che cerca di entrare nel mondo della boxe e raggiungere un desiderio in mezzo a contingenze avverse che remano in direzione opposta rispetto al suo obiettivo.

Ad un tratto del film arriva la frase “Se c’è una magia nella boxe è la magia di combattere battaglie al di là di ogni sopportazione, al di là di costole incrinate, reni fatti a pezzi e retine distaccate. È la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te.”
Quale magia intravedi quando trovi la tua dimensione e sai di doverla inseguire?
Per me è quella la scintilla che si accende, e scatta quando troviamo un percorso che ci appartiene e confidiamo in una forza che ci tenga saldi in quella scelta anche quando le circostanze ci urleranno che non è per noi.
In questo i maestri, e le guide in generale, sono il ponte che aiuta a compiere il passo in avanti quando i tempi sono maturi. Senza le giuste guide potremmo giungere alle stesse conclusioni ma con più fatica, senza sostegno, senza indicazioni o consigli. Ci arriveremmo più tardi e magari non abbastanza in tempo per salire sul nostro treno.
Un maestro, un bravo insegnante sa agevolare il cammino senza tuttavia renderlo facile da raggiungere, sa indicarci ora e binario, sa cogliere i segnali oltre il tempo presente, sa osservare una luce che è da qualche parte in noi e che noi forse ancora non vediamo.
Una brava guida traccia insieme a noi il percorso senza tenere in mano la penna che lo disegna ma fornendoci un calamaio pieno di inchiostro in cui intingere con fiducia i passi che verranno dopo il primo.

I maestri sono punti di svolta nei crocevia delle nostre cartine e tra i maestri che ho incontrato, ce n’è uno di cui conservo un ricordo speciale: è il direttore del coro di cui facevo parte qualche anno fa.
Perché proprio lui nonostante sia passato del tempo dall’ultimo incontro e nonostante, a volte, sia necessario prendere strade differenti?
Perché certi insegnamenti vanno oltre le cose scritte e le cose dette, vanno anche oltre gli appuntamenti prefissati in un’ora e in un giorno della settimana. Passano in un limbo fatto di battute e di abbracci la cui stretta non si sbiadisce.
Non servono nemmeno grandi insegnamenti da filosofia spicciola, mi basta ricordare che prendere la vita seriamente va bene ma che va ancora meglio quando riusciamo a modellarla con i giochi di parole, con la pazienza verso ciò che ancora non riusciamo a fare, con la cura che mettiamo nella messa a frutto dei nostri doni.
Se penso ai bravi maestri, penso anche ai bravi padri e alle brave madri. A quelli che donano molto senza forse nemmeno saperlo, come spesso fanno i genitori.
E pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo.
(Edmondo De Amicis)
A questo servono i veri maestri, a disegnare un’immagine di noi che nessuno ancora vede. E che a volte anche noi stessi stentiamo a vedere.

Laura Ressa
frasivolanti di frasivolanti.wordpress.com/ è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Copertina: io e il mio maestro di coro ad una festa in maschera