Bari Palazzo Mincuzzi

Potrei raccontare molte cose del primo Nobìlita Festival itinerante approdato anche a Bari.
Potrei fare un resoconto degli interventi, snocciolare i nomi dei relatori e narrarvi le loro storie di lavoro e, in parte, di vita. Per me che ho assistito alla tappa di Bari tutti questi aspetti sono stati molto interessanti e lo sono stati, ne sono certa, anche per le altre persone presenti.

Ma anziché scrivere un vissuto, vorrei soffermarmi su ciò che ha lasciato in me questo incontro e su questa prima volta che apre le porte a nuove strade future.
Nobìlita, quest’anno approdato per la prima volta al sud, si è svolto nel contesto del Career day organizzato presso il Politecnico di Bari, un momento per favorire l’incontro tra aziende e studenti / neolaureati.

Sentir parlare di merito e di futuro ha sempre un buon sapore di possibilità, il profumo della promessa e della speranza che ciò che non funziona si aggiusti una volta per tutte. Ed è di promesse che in fondo oggi sono piene le orecchie dei più giovani, da un lato massacrati dal giudizio impietoso di certi “adulti” e dall’altro incoraggiati a coltivare il proprio talento in un tessuto sociale che tuttavia, da nord a sud, non sempre premia il merito e anzi spesso fa a botte con il merito per premiare altre caratteristiche.

I giovani devono avere in mano il proprio futuro. Se ci pensiamo è in loro che dobbiamo sperare se vogliamo che il passato non continui a far danni come già è accaduto. Ma è nostro dovere anche incoraggiarli, indirizzarli, aiutarli a coltivarsi, invogliarli a scegliere, a scoprire ciò che sanno e amano fare.

Partendo da questi presupposti ben saldi, il 26 Ottobre 2021 alle 4 del pomeriggio ho preso posto nell’atrio del Politecnico di Bari e mi sono messa in ascolto.

Simona Malta ha aperto l’incontro presentando FiordiRisorse. Hanno preso poi la parola Stefania Zolotti, Osvaldo Danzi ed Enzo Tamborra che hanno moderato gli interventi dei due panel facendo domande interessanti al Rettore del Politecnico, al Vicesindaco e ad altri professionisti che hanno dato voce a ciò che in tanti pensiamo: il lavoro chiama valore, il lavoro deve nobilitare e non affossare le persone, il lavoro si fonda sul merito, il lavoro spesso lo si può svolgere da qualsiasi luogo si voglia.

In estrema sintesi, sono stati quelli appena elencati gli argomenti toccati durante i due panel.
Le parole di Lucio Zanca mi hanno colpito in modo particolare: la sua preoccupazione per il futuro dei giovani mi è sembrata genuina dal momento che ha sottolineato quanto essi abbiano da raccontare, da dimostrare, da sperimentare. Sono nativi digitali, imparano in fretta, sono competenti, sanno come guardarsi intorno e come muoversi nel mercato del lavoro, sono brillanti. Hanno dalla loro parte la curiosità, che non manca al contrario di quanto sostengono alcuni benpensanti vetusti che vedono nei giovani un nemico da incolpare.
Ci sarebbe da ricordare a questi benpensanti che la società è quel che è soprattutto per “merito” loro.

Ciò che mi piacerebbe vedere in questi contesti di dialogo e confronto è però proprio la presenza dei ragazzi, dei giovani che ci raccontino il loro punto di vista. Mettiamo giovani nei nostri panel, perché le belle parole degli adulti contano ma non sempre possiamo testarne la veridicità nel quotidiano.

E questa non è una critica a Nobìlita, un festival secondo me sempre più necessario. Semmai potrebbe essere un elemento di forza del format che sicuramente è già stato preso in considerazione per il futuro.

E ora mi faccio la fatidica domanda: Cosa porto con me dopo il festival dedicato al lavoro?
Porto nel mio zaino le strette al braccio che sanno di abbracci, i sorrisi senza e con la mascherina, gli occhi che si incrociano e si riconoscono, quelli che si sgranano per vederti meglio e capire che allora esisti in carne e ossa.

Ed è qui che volevo arrivare, in fondo a questo racconto.

In fondo ci sono le persone. In fondo – beninteso, non alla fine ma nel profondo – nel vivo delle cose. Le persone non sono al centro, come molti slogan aziendali gridano senza capire perché.
Le persone sono nel profondo di un percorso di consapevolezza e formazione. Sono nel profondo dei rapporti con gli altri, sono nel fondo delle competenze, nel senso delle azioni. Lì troviamo davvero le persone, in quel tratto di strada che va dal pensiero all’azione, dalla propensione alla competenza.

In ultimo, ma non per importanza, devo raccontare l’emozione di rendere reali volti finora visti solo su uno schermo.

Si parla spesso del passaggio dall’online all’offline, del ritorno alla presenza, alle strette di mano, agli abbracci mancati per tanto tempo. Si parla molto meno invece di prime volte.

Per alcuni fra noi infatti queste situazioni sono utili non tanto per rivedersi ma per vedersi per la prima volta, sebbene gli strumenti digitali ci diano l’illusione di poter conoscere bene gli altri anche attraverso uno schermo.

Riconoscere un volto da lontano, intravedere una faccia già vista ma mai conosciuta, sentire una voce familiare con cui in realtà non abbiamo mai parlato. Questo è il senso di eventi del genere, o almeno lo è per me.

La fisiognomica di un incontro è la bellezza delle prime volte, delle prime visioni su una città, dei primi incontri e delle prime parole che si dicono in queste occasioni.

Grazie alle persone che ho incontrato: grazie a Stefania Zolotti, Cecilia Stallone, Simone Bigongiari, Osvaldo Danzi.
Con alcuni di loro ho scambiato un rapido saluto, con altri ho chiacchierato. In Simone ho ritrovato poi quello stesso animo che avevo letto tra le righe dei suoi testi, la stessa intensità, la curiosità e la passione per le esperienze nuove e per i luoghi. Ma soprattutto la sete di conoscenza, quell’istinto che ti porta a voler conoscere davvero chi si ha di fronte, la gentilezza, un abbraccio sincero.

E sono di Simone gli scatti che ho voluto inserire in questo testo, fotografie che ha scattato alla mia città con gli occhi di chi la vede per la prima volta.
Dovremmo imparare a vedere più cose come fosse la prima volta. Grazie Simone per questa vista inedita su qualcosa di familiare che rischiavo di dare per scontato!

Alcune foto scattate da Simone Bigongiari a Bari

Impariamo a cogliere questi eventi come momenti di riappropriazione della bellezza delle prime volte. Del vedersi e, finalmente, riconoscersi.

Laura Ressa

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Copertina: foto di Palazzo Mincuzzi a Bari (scattata da Simone Bigongiari)

Tutte le foto inserite nel testo sono state gentilmente fornite da Simone Bigongiari

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti