Globe Theatre

Ritornare ad applaudire gli attori dal vivo, e con quel suono forte dar loro delle grandi pacche sulla spalla che tradotte in parole significano “Bravi, continuate così! Vi avevamo tanto atteso”.
Non entravo al Kursaal Santalucia da anni: da quando alle scuole medie e superiori partecipavo alle rassegne cinematografiche, da quando una volta andai da sola a vedere un film con protagonista Leonardo Di Caprio. Si trattava di Shutter Island, se la memoria non mi inganna.
Il cinema Kursaal quella volta non era pieno, c’erano pochi posti occupati ed era pomeriggio. Lo ricordo abbastanza bene il giorno della mia spedizione cinematografica in solitaria, lo ricordo perché nessuno voleva venire con me a vedere quel film e così decisi di gustarmi il cinema da sola.
A pensarci ora, fu bellissimo sperimentare la visione in quel modo. La bellezza della sala, le luci prima soffuse e poi spente, il suono forte che proveniva dallo schermo e poi le immagini, tanto grandi da farmi sentire di nuovo piccola, di nuovo bambina. Tanto grandi da riportarmi indietro nel tempo fino al primo film che vidi al cinema, o almeno il primo che ricordi di aver visto al cinema: Io speriamo che me la cavo.

2021, facciamo un grosso balzo in avanti nel tempo: mi trovo all’ingresso del Kursaal e sto per gustarmi in compagnia lo spettacolo “Tutto il mondo è un palcoscenico” di e con Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo. Sono passati più di 10 anni dall’ultima volta che ho messo piede al Kursaal. Lo ritrovo uguale ma diverso. Grande ma anche più piccolo. Un ossimoro di se stesso, un luogo in cui racchiudo molti ricordi e in cui mi ritrovo dopo anni a capire che anche io, insieme a quel teatro, sono cambiata. Sono diventata adulta, sono una donna anche se vorrei tornare ragazzina molto spesso e vorrei rivivere l’emozione di quelle rassegne cinematografiche del periodo scolastico o la bellezza della sala semivuota nel pomeriggio.

Mi guardo intorno: mascherine a perdita d’occhio. Un sold out di volti e occhi che guardano verso il palco, spalancati e curiosi per ciò che li attende.

Un microfono si accende: la voce di Antonio Stornaiolo da dietro le quinte riempie la sala e ci dice di applaudire per sollecitare gli ultimi ritardatari che ancora non hanno preso posto in sala. Intanto già ridiamo, perché il tono è scherzoso e la comicità sempre così vicina a noi da farci ridere di noi stessi con gusto e consapevolezza.
Quando Antonio Stornaiolo fa il suo ingresso sul palco capiamo che ci siamo, che la magia del teatro ci sta per avvolgere di nuovo dopo un po’ di tempo in cui ne siamo rimasti orfani.
A raggiungerlo arriva presto Emilio Solfrizzi e i due attori si lasciano coinvolgere in uno schema narrativo già scritto ma mai uguale a se stesso. Sarebbe stato interessante seguire tutte e 4 le serate del loro spettacolo per notare le differenze e cogliere il senso profondo del teatro, che è diverso ogni sera e ogni sera mai uguale, mai banale, mai preconfezionato e mai identico alla sera precedente.

Ed è proprio questo il segreto di longevità e bellezza del palcoscenico: poter rappresentare la vita in un modo ogni sera sempre nuovo, con emozioni simili ma diverse, con gradazioni di colore che si assomigliano e si inseguono in un gioco di contrasti e chiaroscuri sempre nuovi.

“Tutto il mondo è un palcoscenico” parte dalla storia e dalle opere di William Shakespeare ma da lì parte, per così dire, per la tangente e lo fa in modo interessante perché ci conduce a pensare, a ridere, a dire tra noi e noi “è vero, è davvero così!”
Lo spettacolo ammicca al pubblico e il pubblico ammicca agli attori. La quarta parete cade, viene abbattuta da Antonio ed Emilio con una tale genuinità e semplicità da rendere gli spettatori protagonisti inconsapevoli di scene esilaranti, di una comicità ludica e del teatro di una volta (che non è morto ma ancora straordinariamente vivo). A un tratto ci sembra di essere al Globe Theatre di Londra durante la messa in scena di Romeo e Giulietta.

Il pubblico si sente coinvolto, partecipe, divertito: in due parole “si riconosce” e riconoscendosi si lascia andare a una risata genuina, coinvolta, non grassa ma grossa e sentita.

Lo spettacolo si chiude con una serie di chicche meravigliose che non svelo per chi vorrà andare a vederlo quando tornerà in scena, spero molto presto.

Antonio, Emilio, ci avete regalato una serata stupenda che continuo a raccontare in giro, perché la meraviglia di tornare al Kursaal non ha pari ma la possibilità di vedervi giocare sul palco (non a caso in inglese il verbo “recitare” si traduce con “to play”) è stata l’occasione più bella degli ultimi due anni.

Perché l’arte – non dimentichiamolo – ci salva sempre. Da noi stessi, dal mondo, dalle storture. E ci dona una gioia incontenibile che poi raccontiamo e portiamo agli altri.

Laura Ressa

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Copertina: Globe Theatre di Londra

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti