di Laura Ressa – Web Writer con il cuore nella penna

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Non mi aspettavi qui? – Un bilancio personale sul legame tra scrittura e comunità

Torno in questo luogo dopo un po’ di tempo, forse non mi aspettavi più qui Vincenzo, eh?
E invece eccomi, perché credo ne valga la pena anche se i pensieri ormai sono veloci e le dita spesso stanche.

Questo tuo esperimento di comunità non merita affatto di essere buttato tra le ceneri delle mie cose lasciate a metà, così mi sono detta che ci voglio riprovare, che le parole sono un collante e che io devo essere la colla che le unisce se voglio far bene l’arte della scrivente.
Mi sono detta che, sì, è vero che ognuno preferisce scrivere nei propri luoghi ma è anche vero che l’opinione su questo aspetto e l’impegno cambiano a seconda dei luoghi in cui ti viene proposto di scrivere.


Fare ciò che si ama o Amare ciò che si fa?

Nei giorni scorsi un collega fresco di matrimonio ci ha donato dei vasetti colorati contenenti confetti bianchi. Piccoli ricordi del suo giorno speciale.
I vasetti erano di quattro colori diversi e ad ogni colore era associata una frase: “Ridere spesso”, “Far crescere l’amore”, “Credere nei sogni”, “Fare ciò che si ama”. Ognuno di noi ha potuto scegliere il proprio vasetto.

All’inizio sono stata tentata di pescare nel mucchio a occhi chiusi per vedere quale frase venisse fuori, in stile “faccio una domanda al libro delle risposte e vediamo cosa esce”.

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Abbandona la “Sconfort zone”: il tuo lavoro ben fatto sei tu

“È la terza volta in 15 giorni che sento raccomandare agli imprenditori che per coprire certi ruoli a costo (quasi) zero basta prendersi uno stagista, un giovane laureato, uno studentello a cui dare pochi soldi, al massimo un rimborso spese. Ha tanto da imparare e così spendiamo poco.
Lo trovo inquietante: certamente un giovane ha da imparare, ma il suo tempo ed i suoi studi vanno retribuiti come meritano e non si può pensare di squalificarli a prescindere.”

Ritrovo per caso una frase scritta da mia sorella qualche tempo fa e penso al lavoro ben fatto e alla cosiddetta comfort zone di cui tanto spesso sento parlare.

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Vincenzo Moretti – racconto, dunque sono

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