
“Si può fare impresa anche se non si è ricchi di famiglia? Davvero si può non avere un piano B? E allora come mai ho il terrore di fallire ma non mi fermo? Perché continuo a investire tempo e risorse? Perché mi sento molto fortunata a fare quello che sto facendo e per niente vittima?”
Parto da queste parole che Mariachiara Montera ha scritto nel post Raccontare il lavoro oggi per introdurre la sua intervista.
Mariachiara racconta i luoghi, le aziende e le persone attraverso il cibo. Collabora con aziende, enti del turismo e agenzie per sviluppare progetti e storie legate al settore food.
Nelle righe che seguono parliamo di costruzione di un’impresa, di comunicazione dell’identità aziendale, di TravelWithGusto, di scrittura, di Torino.
Su tutto sorvoliamo leggiadramente, ma non con leggerezza.
1) Cosa significa per te essere freelance?
Essere freelance per me vuol dire creare progetti sul cibo che rendano felici le persone. Significa avere la possibilità, l’energia e il tempo di dedicarmi a scelte professionali e personali che mi aiutino a raggiungere questo obiettivo.
Sul mio percorso professionale ho scritto vari post.
Fare impresa nel mio caso significa lavorare di più per investire di più, chiedere un prestito, fare la pace con l’imperfezione, girarmi dall’altra parte quando c’è un confronto che non mi piace.
Credo ci sia una responsabilità da parte di tutti noi che lavoriamo per conto nostro o che proviamo a creare un’azienda: dire di più qual è il nostro percorso, come riusciamo a investire le risorse, come le mettiamo da parte. Se è difficile, quanto è difficile.
(Dal post Raccontare il lavoro oggi)
2) “Costruire la tua identità, raccontarla con i contenuti più efficaci, farla conoscere alle persone giuste: posso aiutarti dall’inizio alla fine, sempre col sorriso” – ti descrivi in questo modo sul tuo sito. Come individui contenuti efficaci per raccontare l’identità di un’azienda?
Parto sempre dal pubblico, e quasi mai dall’azienda: prima ancora di sapere chi sono, mi interessa sapere a chi vorrebbero parlare. Perché i contenuti più utili sono quelli pensati per qualcuno, non per se stessi.

3) I contenuti rappresentano spesso la più evidente immagine attraverso cui un’azienda esprime valori e obiettivi. Quanto studio c’è dietro una buona comunicazione aziendale, e quanto conta la definizione precisa dei valori che guidano l’azienda?
I valori sono le persone, non un documento aziendale. Quindi più che un elenco di valori, quello che conta in un’azienda è avere cultura dell’ascolto dei propri dipendenti e dei clienti.

4) TravelWithGusto racchiude guide e narrazioni di luoghi vissuti attraverso il cibo. Quali sono gli obiettivi di questo progetto e come riuscite a realizzare un servizio utile in due ambiti, cibo e turismo, di cui il mercato potrebbe rischiare di diventare saturo di progetti e prodotti?
L’obiettivo che abbiamo è di diventare il punto di riferimento per chi viaggia per cibo.
Se devi partire per un viaggio gastronomico, ci piacerebbe darti tutti i consigli di cui hai bisogno.
Sul viaggiare per cibo io non credo che ci sia saturazione, ma sono anche una persona che non crede nella concorrenza: se fai le cose a modo tuo, se conosci benissimo il tuo pubblico, avrai sempre una chiave originale per raccontare cosa fai.
E poi abbiamo la fortuna di avere collaboratori bravissimi!
Uso spesso la metafora della maternità quando parlo di WithGusto, e lo faccio perché vorrei trasmettere la sensazione di protezione, pienezza, forza che nutro nei confronti di questo progetto.
Un altro dei motivi per cui uso questa metafora con orgoglio è perché provare a costruire un’impresa ti insegna a ragionare per priorità: non perché devi decidere se sono meglio i quadretti o le stelline per la tua ennesima agenda motivazionale, ma perché sviluppi un nuovo modo di mettere ordine e dare priorità alle cose.
Da quando lavoro a WithGusto, ho poco tempo, decido in fretta cosa fare, mi lamento poco, bilancio il pianificare con l’agire, che è in realtà il tema di questo post: lo avevo chiesto su Instagram, “Cresci quando capisci o quando agisci? È più importante pianificare o fare?”.
(Dal post Raccontare il lavoro oggi)
5) Nel tuo blog dedichi ampio spazio ad argomenti pratici sulla vita da freelance ma anche a riflessioni più personali e soggettive. In che modo la scrittura ti ha aiutato a conoscere alcune parti di te stessa e in che misura questo ha avuto ricadute sul lavoro?
La scrittura mi permette di fare ordine, ma devo dire che negli ultimi anni mi ha aiutato molto a costruire relazioni. Le mie riflessioni sono condivise da moltissime persone che si ritrovano in quello che scrivo, e che per questo si sentono meno sole.

6) Nel post Qual è il momento giusto per far nascere un progetto hai scritto:
“Le condizioni per dare vita a un progetto, per trasformare l’idea in un materiale che ha un peso, non hanno a che fare solo con l’equilibrio, la capacità di gettarsi, la costanza per accudirlo: servono soldi, reputazione, contatti, capacità di comunicazione. Non c’è motivazione che basti se prima non hai coltivato quelle cose.”
Mi sembra di capire che darti il giusto tempo sia fondamentale per te. Quanto conta la progettazione accurata di ciò che fai e quanto questa filosofia professionale è espressione della tua filosofia personale?
Di base sono una persona molto impaziente ma la mia storia mi ha insegnato che la costanza e il tempo portano ottimi risultati. Io progetto, molto ma non tutto: per molto tempo ho fatto le cose senza pianificarle e quando mi sono messa in proprio non avevo un business plan, ma sono sopravvissuta lo stesso.
Questo per dire che si deve progettare ma ci si deve anche assecondare: è corretto chiedere il meglio da se stessi, ma se ci stritoliamo in tempi ostili saremo i peggiori capi di noi stessi.

7) Vorrei chiudere questa intervista con qualche suggestione su Torino, città che io e te amiamo. Ho vissuto alcuni mesi lì, ma mi sono bastati per innamorarmene. Le strade, i vicoli da scoprire, il cibo da sperimentare: tutto narra di una città con una lunga storia, ammantata di mistero ma anche di incanto. Torino per me ha segnato un passaggio della vita e questo suo incanto che porto dentro non mi abbandonerà.
Cosa ti ha fatto innamorare di Torino? Quali ricordi, profumi o suggestioni ti legano a questa città?
Non è molto facile da spiegare ma a Torino mi sono sentita a casa e credo che il legame più profondo sia col cibo. Qui ad esempio ho ritrovato i papaveri al mercato, quelli da mangiare che si trovano anche dalle mie parti. Ritrovare un ingrediente della mia infanzia è stata una molla che mi ha fatto dire “qui non mi sentirò troppo straniera, ci sono i papaveri”.

Scrive Mariachiara nel suo blog:
“Pianificare o agire? Ragazzi, facciamo che dipende dalla condizione in cui parti, dal modo in cui vivi questa condizione, da quanto ti brucia l’idea di fallire, perché ti brucia così tanto.Ci vuole consapevolezza e trasparenza oggi per dire: quello che decidiamo lo facciamo per il nostro futuro ma sai cosa, questo è anche il mio passato. […]
Quello che raccontiamo non dovrebbe mai essere del tutto irreale, soprattutto quando parliamo di lavoro.“
Parlare di lavoro oggi vuol dire parlare di realtà, al di là di prontuari o agende glitterate acquistate a inizio anno. Avvinghiarsi alle apparenze non è una strategia utile se vuoi far bene il tuo mestiere ed è questa patina di irrealtà e di fatica nascosta a rendere difficile parlare del lavoro per ciò che il lavoro è davvero: ricerca, studio, fatica, tempo, errori, crescita personale, cadute.
Con Mariachiara Montera ho cercato di affrontare il tema del lavoro da freelance abbandonando i canoni del successo percepito. Perché il vero obiettivo non risiede nel successo ma nella possibilità di lavorare per costruire qualcosa, che sia un’impresa o una casa. Lavorare duro, sporcarsi le mani, sbucciarsi le ginocchia, pestare l’uva per farla diventare buon vino… che poi è metaforicamente il nostro prodotto migliore al termine di un’annata proficua. La qualità del vino dipende in larga parte da quanto e da come abbiamo affondato i piedi nel materiale grezzo da cui siamo partiti.
E allora credo che oggi parlare di lavoro sia indispensabile, ma credo anche che sia doveroso parlarne sul serio senza falsi miti che ci convincano che tutto sia facile da ottenere. Parlare del coraggio che spinge non tanto a osare ma a progettare con serietà, a tracciare la nostra strada e a saperla anche cambiare in corso d’opera, a cercare fonti e spunti per fare meglio di ieri. Tutto questo non arriva in poco tempo.
Scrive Mariachiara: “Il racconto che oggi si fa del lavoro e della realizzazione di sé: che ci si metta in proprio o si lavori per altri, quello che mostriamo dipinge una situazione lavorativa alla Instagram. Abbiamo agende piene di meraviglia, una tazza di tè sempre calda, siamo tutti fotogenici, facciamo fatica ma con grazia: solo che poi se scavi in fondo chi riesce a mantenere la grazia e a mantenere se stesso al 100% è una percentuale molto minore.”
E scrive anche:
Non c’è un punto da dove iniziare, quindi, quando ti metti in proprio o lavori per altri: c’è però che arriva il momento in cui non ha davvero senso perdere tempo a dirsi che non valiamo. Che non siamo abbastanza. Che gli altri sono di più.
E in questo momento, è il caso di vedere tutto quello che abbiamo ammassato, infilarci il dito dentro e dire: cavolo, che bontà.
Se tornassi indietro cercherei solo di misurarmi con me stessa più che con gli altri, prima di ogni cosa. Forse mi sarebbe servito per crescere con le spalle più larghe, o per conoscermi di più e capire di cosa avevo paura.
Ma sono contenta anche così, sono contenta di tutto.(Dal post Come disfarsi della sindrome dell’impostore)

Grazie Mariachiara, grazie per aver accettato questo confronto.
Un grazie in più anche per questo post ritrovato in cui parli del viaggiare da sole. Sì, confermo: è davvero bellissimo come dici!
Laura Ressa
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Copertina: foto di Mariachiara Montera
La foto scattata da Christian Fregnan è pubblicata sul sito TravelWithGusto