
Chiudi gli occhi ed immagina una gioia, molto probabilmente penseresti a una partenza.
Chilometri di rotaie, due treni, ore di attesa guardando i bagnanti dal finestrino e olive ascolane di un self service hanno cullato il mio viaggio verso Macerata, sabato 26 agosto 2017. Il viaggio verso il concerto di Niccolò Fabi allo Sferisterio.
Il tesoro è alla fine dell’arcobaleno, ma il tesoro può sorprenderti anche in un’arena che è contenitore magico di arte, musica e teatro.

Il tour Diventi Inventi rappresenta uno sguardo indietro per il cantautore romano, che riassume questi 20 anni di carriera tornando a cantare brani del passato dando loro una forma più matura.
La sua somma di piccole cose Fabi la mette sul palco per raccontarci un’emozione, una tristezza, una rinascita. Si dà al pubblico con la libertà di scegliere che si è cucito addosso nel corso di questi anni di carriera.
Tra una canzone e l’altra, spiega l’evoluzione di alcuni brani e delle scelte fatte, di un percorso che inizialmente non aveva contorni chiari e assumeva le sfumature di un viaggio di cui non si conosce la meta.
All’inizio non sapeva dove andasse a parare, come ha ammesso scherzando durante il concerto, e forse è la strada stessa ad avergli permesso di cercare le parole senza fretta, di scoprire una dimensione musicale che si adattasse al suo essere artista: “le più lunghe passeggiate, le più bianche nevicate e le parole che ti scrivo non so dove le ho comprate, di sicuro le ho cercate senza nessuna fretta”.
Quando un gruppetto di fan dalla platea comincia ad urlare “Sei bellissimoooooo”, Fabi scherzoso ribatte “Ragazzi, aspettiamo ancora qualche minuto prima di andare in pizzeria”.
È solo un uomo quello di cui parlo, così schivo e delicato nelle sue vicende personali e così viscerale quando si tratta di intrecciare i testi alle note.
Lo Sferisterio attorno a noi, le stelle al di sopra e nell’aria parole e musica in un’atmosfera profumata che pesa sul cuore e fa vibrare la testa come certe idee, come le maree, come le promesse.
“Alcune volte è facile scrivere canzoni, sembra che le parole escano da sole. Altre volte ci vuole più tempo. Questo è stato il brano più difficile da scrivere”. Introduce così i pezzi di vetro sparsi per terra che tornano di nuovo vicini, risalgono l’aria e sullo scaffale riappare un bicchiere.
Ecco riassume in immagini potenti l’esperienza umana del procedere in avanti e dell’idea che, a un tratto, si possa tornare indietro al punto di partenza, all’arco da cui la freccia è stata scagliata verso il ramo.
Ai concerti di Niccolò Fabi si piange. Io ho pianto. Perché un canto può trasformarsi in esperienza di vita, in un grido che si svela: lui stesso ci ricorda se hai qualcosa da dire dillo adesso, non aspettare che ci sia un momento più conveniente per parlare.
Fabi dà voce alla possibilità che abbiamo di esprimerci, un’opportunità ma anche un privilegio se pensiamo a tutte le volte che invece ce lo facciamo sfuggire.
Alla fine di ogni concerto si esce con qualcosa di nuovo ma ci sono sentimenti che non trovano spazio nelle parole di una normale recensione e allora devono farlo necessariamente in musica, perché è quello il loro posto.
Credo che un’esibizione dal vivo sia un modo nuovo di ascoltare, di battere le mani prestando attenzione al ritmo del vicino, di intonare una frase insieme e vivere il momento fin nelle viscere come se le parole che risuonano dal palco appartenessero anche a noi che le ascoltiamo.
Ho varcato l’uscita dello Sferisterio con la certezza di aver lasciato in quella platea un pezzo di ciò che sono: una lacrima, un sorriso, un abbraccio, il tremolio di gambe e mani, un pezzetto della mia storia.
La potenza della musica non si può spiegare.
La musica è come pioggia: scende dentro lentamente e, come in un gioco di incastri, ognuno trova in se stesso la chiave per dare senso a ogni goccia.


Il sorriso regalato a quel passante
Un paragrafo di una pagina qualunque
La storia è un equilibrio tra le fonti
Il disegno che compare unendo i punti
Un patto firmato, un bacio non dato
Il futuro che cambiaÈ una somma di piccole cose
Una somma di piccole coseUna somma di passi che arrivano a cento
Di scelte sbagliate che ho capito col tempo
Laura Ressa
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