
Quando scrivo bene un testo, sono felice.
Provo davvero un senso di soddisfazione personale perché quando lo faccio vuol dire che sono riuscita, a modo mio e con parole mie, a trasmettere un parte di quel che sono. Perché ho messo le gambe (o le ali) a un mio pensiero che, se formulato con correttezza e coerenza, probabilmente arriverà dritto a chi lo legge con tutta la sua forza e portando con sé una buona parte di me.
Scrivere un buon testo per me è come lasciarsi guardare dritto negli occhi, facendosi scrutare e spogliandosi dall’involucro delle apparenze.
Perché altrimenti si direbbe “parla come mangi”? Nel nostro modo di comunicare è racchiusa la nostra essenza, le intenzioni che abbiamo, la nostra verità.
Le parole funzionano a volte da specchio dentro cui rifletterci.
Felicità: questo si prova quando si usano bene le parole. Una felicità duratura, se la pratichi spesso e con cura.
E difatti per me la lingua non è un orpello inutile ed effimero, una collana vistosa, un anello tempestato di diamanti o un vestito alla moda.
Per me la lingua è la luce che sprigioniamo dai nostri pensieri, che altrimenti resterebbero da soli chiusi nella nostra testa e non avrebbero modo di fiorire anche grazie agli altri.
“Ognuno di noi è le parole che sceglie: conoscerne il significato e saperle usare nel modo giusto e al momento giusto ci dà un potere enorme, forse il più grande di tutti.”
Questa è la frase che campeggia in rosso, a grandi lettere, sulla quarta di copertina del libro di Vera Gheno Potere alle parole – Perché usarle meglio edito da Einaudi.
Si tratta di un libro che definirei “essenziale” adesso, perché ho il presentimento che molti di noi stiano perdendo per strada la bellezza delle parole e del loro utilizzo non solo corretto ma giusto e adeguato.
Il 27 ottobre 2019 alle 17.30 presso La Casa del Popolo (Via Celentano 76, Bari) parleremo del libro e incontreremo l’autrice.
Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale e traduttrice dall’ungherese, ha collaborato per vent’anni con l’Accademia della Crusca. Attualmente collabora con Zanichelli e insegna all’Università di Firenze e in corsi e master di diversi atenei italiani.
L’idea di invitarla nella mia città, Bari, è nata da un’esigenza personale, prima ancora che dalla voglia di condividere la bellezza del nostro patrimonio linguistico con una professionista che di parole vive, dialoga e lavora ogni giorno.
L’esigenza personale è naturalmente il mio amore per le parole, per la scrittura e per le possibilità che la lingua ci dà di essere anche persone migliori.
Forse l’errore più grosso che facciamo tutti è proprio quello di considerare il buon uso della lingua come appannaggio di chi scrive libri, di chi pubblica articoli o insegna all’università.
La nostra lingua è patrimonio imprescindibile di tutti. E siamo tenuti a rispettarla, in primo luogo perché rispettare la lingua significa rispettare noi stessi, i nostri pensieri, le nostre intenzioni comunicative e le mille possibilità che le parole ci offrono su un piatto d’argento e che spesso sottovalutiamo, calpestiamo, trattiamo con superficialità.
Comprendere ciò che leggiamo, interpretare un messaggio che ci viene inviato, saper produrre un testo per una lettera o per un’email, utilizzare le potenzialità del linguaggio per far comprendere il nostro pensiero sono alcune delle competenze che potremmo migliorare se mettessimo a frutto l’immenso dono che abbiamo ricevuto: la cassetta degli attrezzi della nostra lingua.
Quante volte ci capita di non badare alla forma di quello che stiamo scrivendo, ad esempio, sui social network o anche nei gruppi WhatsApp. Ci sembrerà strano, ma proprio in quei luoghi, considerati istantanei e poco avvezzi al bello della lingua, è racchiusa la nostra visione delle parole.
Parole spesso usate in modo improprio, nei momenti sbagliati, per veicolare messaggi non pertinenti o mal formulati.
La velocità a volte si paga con la sciatteria, con la presunzione di essere liberi di usare le parole a nostra piacimento lasciando in cantina il potenziale che abbiamo e non sappiamo o non vogliamo esprimere.
Non si tratta solo di applicare le regole della grammatica.
Il buon uso delle parole va ben oltre la correttezza lessicale e grammaticale, sebbene esse ne costituiscano sicuramente una parte importante.
Fare buon uso delle parole per me è come curare una pianta, bere acqua ogni giorno, mangiar sano, fare sport. Curare il buon uso della propria lingua è un esercizio quotidiano, un allenamento per la mente, una casa da costruire e di cui andar fieri quando vedremo ogni nuovo mattone aggiunto e ogni nuovo oggetto d’arredo.
Questo esercizio non ci costa sudore, ma certamente costa la volontà di sforzarci quel po’ che basta per esprimerci meglio.
Scrive Vera Gheno nell’introduzione al suo libro: “Nella società di oggi, definita non a caso società della comunicazione, la vita di ognuno di noi è piena di situazioni che richiedono di usare la lingua, e di usarla possibilmente bene. […] La capacità linguistica è come un muscolo: va allenata. […] Usare bene la lingua, oggi più che mai, non è una posa, non è un vezzo, ma una necessità per tutti, non uno di meno, come amava ripetere Tullio De Mauro.”
L’incontro a Bari che la vedrà protagonista sarà l’occasione per presentare il suo libro ma anche per discutere insieme del perché è importante usare al meglio le parole. Ripartiremo dalle parole perché solo facendone buon uso saremo in grado di dare valore e dignità anche a noi stessi.
Sì, è davvero così: le parole trattate bene ci ripagano. Ci restituiscono credibilità, rispetto, riconoscimento delle nostre competenze. Sottolineano le nostre idee e ne fanno un racconto che possa restituire a chi ci legge o ci ascolta tutta la bellezza di cui la lingua ci rende capaci.
E vale per tutti, in qualsiasi contesto, anche durante la chiacchierata al bar con gli amici.
A dialogare con l’autrice il 27 ottobre ci sarà Corrado Petrocelli, Rettore dell’Università della Repubblica di San Marino, già ordinario di filologia classica ed ex Rettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
Al dialogo parteciperà anche Antonio Scotti, free lance, co-fondatore di Avanzi Popolo 2.0, si occupa di gestione di processi di programmazione a livello comunitario.
Siete tutti invitati a partecipare e a condividere la vostra esperienza. Sarei felice di avere lì con noi tante persone, entusiaste per ciò che ascolteranno ed entusiaste doppiamente per la possibilità di aprire le immense porte che il buon uso della lingua ci mette a disposizione.
Ringrazio La Casa del Popolo e Alessandro Cobianchi per aver accettato la mia richiesta di ospitare l’evento e per il supporto che mi stanno dando nell’organizzazione.
Ringrazio ovviamente Vera Gheno per aver accettato di abbracciare questa iniziativa, nata sulla base di un contatto personale e di una risposta generosa, e ringrazio non in ultimo Corrado Petrocelli e Antonio Scotti per aver accettato di aiutarmi a fare di questa presentazione un incontro che sono certa saprà donarci molto di culturale e “umano”.
“Umano” è un termine abusato, lo so. Allora cercherò di dirlo in maniera diversa: sarà un dialogo tra persone che stimo e da cui vi garantisco ne uscirete arricchiti.
Non abbiamo nulla da sponsorizzare né da vendere, se non il libro di cui parleremo (per chi lo vorrà acquistare ci saranno le copie).
Questa iniziativa si regge in piedi senza sponsor e saremo tutti lì a donare il nostro tempo per celebrare la buona comunicazione.
Come le cose migliori, l’idea nasce dalla passione di fare ciò che ci piace, e per farlo non esistono altri fini se non la voglia di condividere tutti insieme qualcosa che sia nelle nostre corde, che possa accrescerci come persone, che ci insegni qualcosa in più.
Rassegna stampa (in aggiornamento):
BariToday
Laura Ressa
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Immagine in evidenza:
Locandina dell’evento (contiene la copertina del libro e la foto di Vera Gheno scattata da Umberto Costamagna)