
“Questo libro parla di una storia d’amore. La mia storia d’amore con le parole.”
È cominciato così il dialogo di Vera Gheno con Corrado Petrocelli e Antonio Scotti dello scorso 27 Ottobre a Bari.
È stato un incontro che ho voluto fortemente e per il quale mi sono impegnata a trovare un luogo che lo ospitasse di domenica, giorno di cui molti hanno paura quando si tratta di presentare libri.
Mi torna in mente una canzone di Samuele Bersani:
“Le mie parole sono sassi, precisi aguzzi pronti da scagliare su facce vulnerabili e indifese. Sono nuvole sospese gonfie di sottintesi, che accendono negli occhi infinite attese. Sono gocce preziose indimenticate, a lungo spasimate e poi centellinate. Sono frecce infuocate che il vento o la fortuna sanno indirizzare”.
Ho imparato a conoscere la storia di Vera Gheno un bel po’ di tempo fa leggendo i suoi post sui social, sempre acuti, coinvolgenti e spesso divertenti.
Poi ho ascoltato i video dei suoi interventi in giro per festival e incontri sulla sociolinguistica e l’importanza delle parole; infine mi sono incuriosita cercando di capire quale fosse la storia professionale della sociolinguista Vera Gheno.
Circa un mese fa ho acquistato il suo libro Potere alle parole e ne ho apprezzato la capacità di andare in fondo alla lingua e alle sue pratiche comuni, narrando con trasporto e accuratezza la sua relazione con l’italiano.
Ho voluto che Vera venisse a Bari cosicché anche chi non la conoscesse, potesse scoprirla e restare affascinato dal suo talento e dalla sua dialettica.
Lei ha accettato la mia richiesta; ne sono stata felice.
Perché felice? – vi chiederete. Di certo non per prendermi i meriti di alcunché, sebbene a volte sia giusto rivendicarli e non lasciarseli “scippare”, ma per realizzare un puro scambio di conoscenza, di bellezza della nostra lingua e della sua quotidiana essenza e presenza nelle nostre vite.
Se esprimere un’opinione su tutto è diventato obbligatorio, se nelle conversazioni sui social ci sentiamo autorizzati a lasciarci andare alla strafottenza e all’insulto, se anche nelle conversazioni amicali dal vivo o attraverso i servizi di messaggistica istantanea non si sta attenti alle parole e si rischia di trattare tutto con eccessivo formalismo o eccessiva sciatteria e poca sostanza, ci troviamo a chiederci che fine abbiano fatto le parole e perché le usiamo con così poca cognizione di causa.
Vera Gheno, con il fare della prof. sui generis lontana dal formalismo che ci si aspetterebbe da una linguista, ci ha ricordato che la nostra competenza linguistica non nasce dai libri ma dalla vita e da quello che ci succede tutti i giorni.
Ha ricordato la sua docente di sociolinguistica e di quella volta che agli studenti diede il compito di comprendere come si fosse costruita nel tempo la loro conoscenza linguistica fuori e dentro la scuola.
Tante storie diverse caratterizzano il bagaglio linguistico di ciascuno, e ogni elemento concorre ad arricchire la lingua e la relazione che ognuno ha con essa.
Per Vera la scoperta della sociolinguistica è stata la chiave di volta: la sua relazione con l’italiano è partita proprio da lì.
La cosa peggiore che possiamo fare dopo aver studiato – ci ha detto Vera – è diventare snob, cioè far pesare agli altri il fatto che abbiamo avuto la fortuna di studiare. Nell’ambiente accademico questo è un atteggiamento assai diffuso, Tullio De Mauro stesso le ha insegnato che non si ostenta il fatto di aver studiato poiché studiare è un privilegio e vantarsene non ci rende migliori.
Il luogo e la famiglia in cui nasciamo non dipendono da noi e non sono nostri meriti, tuttavia determinano quasi del tutto le possibilità che potremo avere.
Vera ha sottolineato che il focus sulla lingua non è oggi ben centrato perché passiamo tanto tempo a lamentarci della società, di come parlano male gli altri e di come è sempre colpa di qualcun altro: dei social, dei giovani, della televisione. C’è un leit motiv: e cioè che non è mai colpa nostra, è sempre colpa di qualcun altro.
Tutti però hanno una parte di colpa perché tutti leggiamo meno e siamo stanchi di approfondire. Ma se è vero che siamo parte del problema, è pure vero che possiamo lavorare alle soluzioni.
Possiamo, ad esempio, pensare un attimo in più a questa enorme ricchezza che è la competenza linguistica e verificare sul campo quanto sia rilevante usarla bene.
Da 18 anni Vera Gheno tiene un laboratorio di italiano scritto all’Università di Firenze, e ai suoi studenti ripete spesso che se uno di loro fa un errore questo non cambia la vita al docente o a una fantomatica Dea della grammatica che si adombra per via di un “pò” scritto con l’accento. L’errore per lo studente rappresenta un danno enorme che fa solo a se stesso.
Viviamo una sorta di schizofrenia – continua Vera – perché da una parte ci ripetiamo che non importa “possiamo comunicare come capita”, dall’altra subiamo uno stigma fortissimo sull’uso corretto della lingua.
Un esempio lampante, descritto anche in “Potere alle parole”, lo si ha nel momento in cui qualcuno si presenta anteponendo il cognome al nome. Quella persona viene bollata subito come buzzurra e magari non viene assunta dopo un colloquio di lavoro solo perché si è presentato come Rossi Mario anziché come Mario Rossi.
Qualcuno dirà “Ho sempre fatto così”, ma bisogna essere disposti a cambiare e il fatto di aver sempre parlato in un modo non può essere un metro di giudizio. Le stigmatizzazioni esistono e dobbiamo farci i conti.
Il libro “Potere alle parole” non è un galateo linguistico né una grammatica. È una storia d’amore che Vera Gheno ha messo nero su bianco affinché possa servire a tutti per capire quanto la competenza linguistica non sia scontata. E ce ne accorgiamo quando ci succede qualcosa, ad esempio quando prendiamo una botta in testa, e perdiamo questa capacità che prima ci sembrava così automatica e naturale.
Le parole che usiamo dipendono dai ruoli che abbiamo nella società, la parola ad esempio fa accadere eventi: un prete o un sindaco con le loro parole uniscono due persone in matrimonio, un giudice con le sue parole toglie la libertà a qualcuno mandandolo in galera.
Le parole non sono un orpello dell’umanità. Come dice Chomsky, e come Vera Gheno riporta anche nel suo libro, le parole sono la facoltà nucleare dell’essere umano e vanno trattate con attenzione.
Il dialogo tra l’autrice, Corrado Petrocelli e Antonio Scotti è stato vivace e ci ha condotti tutti in un cammino fatto di parole: ognuno di noi ascoltando ha potuto ripensare a quanto la lingua sia fondante e costituisca le fondamenta del nostro essere persone, non solo intese come singoli ma inserite in un contesto fatto da altri individui.
Al termine dell’incontro c’è stato molto spazio per le domande e le curiosità.
Porto con me ogni momento di questa presentazione, ogni parola è stata un dono da custodire. Comprese le parole scambiate alla fine, tra un tarallino e un bicchiere di vino, e quelle pronunciate e ascoltate a cena insieme a Vera.
Porto con me tre concetti importanti: Dubbio, Riflessione, Silenzio.
Dubbio: prima di esprimerti fatti qualche domanda e poniti qualche dubbio in più.
Riflessione: se non conosci bene un argomento o vuoi formulare un pensiero, prenditi tempo per riflettere su ciò che stai per dire o scrivere.
Silenzio: se non sai cosa dire, taci. Se la tua personale opinione su un tema non aggiunge nulla all’argomento e non è utile a nessuno, tienila per te. Saper fare silenzio è una grande virtù in una società chiassosa.
Di recente Vera ha pubblicato su Instagram una foto con la frase “Felicità è trovare le parole giuste per ogni contesto e così sentirsi a proprio agio“.
Penso che un tipo di felicità passi di certo dal saper usare le parole.
Chiudo il racconto del 27 Ottobre con le risposte che le persone mi hanno dato quando con un post su Facebook ho chiesto loro cosa fossero le parole.
Tiziano: Tutto. Le parole rappresentano l’umanità dell’uomo. Impossibile pensare una cosa che non sia indicata da parole.
Angelica: Le parole danno forma al pensiero e alla conoscenza, esprimono il senso delle cose che ci sono dentro e fuori di noi. E il modo in cui le usiamo ci identifica.
Giusto una citazione banale: “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare la parole giuste: le parole sono importanti” (Nanni Moretti)
Rosanna: Le parole sono una metafora della vita, con la loro delicatezza, la loro dolcezza, la loro forza e la loro crudeltà. Una parola è in grado di sollevarti, un’altra di distruggerti.
Myria: Il mio ponte verso il mondo.
Anna: Una carezza in più per le persone che amiamo; un biglietto da visita per comunicare noi stessi agli altri.
Daniela: Le parole danno forma ai sogni. Sono gli artigiani delle nostre scoperte che arricchiscono l’intangibile di consapevolezza.
Antonio: Le parole sono i puntelli attorno ai quali stendiamo la tela del nostro essere noi stessi, con gli altri, nel mondo.
Grazie a chi mi ha appoggiato in questa idea, e intendo soprattutto le persone a me più care che mi stanno accanto a ogni passo.
Grazie a chi ricorda sempre che le parole sono importanti e si sforza di usarle con attenzione.
Grazie specialmente all’autrice per aver accettato di portare il suo libro a Bari, grazie a Corrado Petrocelli e Antonio Scotti. Senza loro tre questo incontro non avrebbe mai avuto il senso e il contenuto che ha avuto.
Grazie anche al senso dei “grazie” perché quando ci sono è giusto dirli e fanno bene, quando sono troppi stridono, quando sono risicati e detti con il contagocce non riescono a descrivere il loro significato.
Dedico questo incontro, da me fortemente voluto, ai “grazie” sinceri che dico ogni giorno.
Usateli anche voi senza centellinarli, vi farà bene.
Ecco alcune immagini del pomeriggio passato insieme
(le foto sono state scattate da Anna Ressa e Claudia Germano)
Qui sotto un paio di video girati durante l’incontro
Se i video non vengono visualizzati in automatico in questa pagina, ecco i link:
https://youtu.be/FsYfnreQoZg
https://youtu.be/3MhMG2ulfXA
Laura Ressa
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Copertina: Vera Gheno con Corrado Petrocelli e Antonio Scotti
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