Conosco Mimma Altieri da 5 anni: una persona e una professionista del marketing da cui ho imparato tantissimo. La collega con cui condivido ogni giornata, le pause, i momenti scanditi dagli orari lavorativi ma anche le riflessioni e i pensieri che riguardano la vita al di là di quelle stanze. Perché c’è molto di noi fuori da quelle stanze, anche quando ci sembra che il nostro tempo sia scandito per la maggior parte solo lì.
Si è soliti credere che sul lavoro non sempre si riesca ad essere se stessi o che ci si debba difendere con qualche maschera perché, in fondo, bisogna sempre guardarsi le spalle in contesti del genere.
Con Mimma invece ho scoperchiato qualche luogo comune, ho trovato una guida professionale, la stima verso il talento, la serenità di un confronto sempre pronto, qualcuno a cui poter fare affidamento per dipanare un dubbio e non è raro che ci si riesca a intendere anche con qualche piccolo cenno. In questi anni ho sentito di avere di fronte una persona che sa che sono un libro aperto, anche se prima vivevo questo mio aspetto come un limite.
L’intervista che segue parte da un gioco di parole (o un lapsus): frisevolanti. Al termine dell’intervista a Cristiano Carriero infatti lui chiamò così questo blog e da allora il mio chiodo fisso è stato quello di creare una sorta di spin-off di frasivolanti a tema friselle. In quel periodo Mimma stava imparando a realizzare in casa le friselle: era perfetta per la rubrica frisevolanti ma alla domanda sulle friselle se ne sono aggiunte altre cosicché da un dialogo sulla cucina questo scambio è diventato qualcosa di più.
Ed ecco il risultato.


1) Lavori da molti anni come amministratore di sistema CRM e nel corso del tempo la tua curiosità ti ha portato a coltivare la professione scoprendo sempre nuovi metodi di lavoro, nuove competenze. Quali sono le tue passioni e cosa hanno in comune con il tuo lavoro?

Mimma:
“Per quanto scientifico e meccanico possa sembrare il mio lavoro, in realtà trovo che sia un ruolo che richiede molta creatività.
La creatività, per me, è l’approccio mentale che ognuno di noi deve avere verso le cose che affronta tutti i giorni ovvero la capacità di andare oltre le regole predefinite e la mera applicazione scientifica di queste. Di fronte ad un complicato processo da dipanare all’interno del sistema che amministro (Salesforce.com) affinché diventi fruibile dagli utenti, il mio metodo è il seguente: come lo risolvo utilizzando le funzionalità che ho a disposizione (approccio tecnico)? E come lo posso rendere accettabile da parte dell’utente che ne farà uso senza complicargli la vita? In questo secondo caso applico il mio approccio creativo: un’icona colorata per rendere più immediata e intuitiva l’informazione, un messaggio di congratulazioni in posta per aver vinto una trattativa, un reminder che aiuti l’utente a non dimenticare azioni importanti da seguire, un grafico che evidenzi a tutti i progressi fatti o i punti su cui concentrarsi.

Le mie passioni al di là del mio lavoro (ma vi assicuro che vivo anche quello con passione) portano con sé lo stesso metodo. Sono appassionata di cucina. Ho iniziato con la pasticceria con una predilezione per le decorazioni: ho una pagina Facebook in cui ho raccolto le mie creazioni Acquolina in torta.
Approccio scientifico dunque nelle preparazioni (la pasticceria è una scienza esatta fatta di matematica, chimica e anche fisica!) e pura creatività nella presentazione delle stesse. Quanto mi sono divertita! La creatività spesso va a braccetto con la voglia di cambiare ed evolversi. Così sono entrata nell’affascinante mondo delle mani in pasta. E anche qui ho trovato pane (🙂) per i miei denti: studio rigoroso delle materie prime e dei processi chimici che ne consentono la trasformazione per giungere ad un prodotto finale buono e di bell’aspetto.”

torta di compleanno
Una delle torte di compleanno realizzate da Mimma

2) Da dove nasce e come la tua passione per la gastronomia?

M.:
“Osservare le donne di famiglia ai fornelli mi è sempre piaciuto.

Mi incantava studiare il movimento delle dita di mia nonna che formava orecchiette per il pranzo della domenica oppure il metodo di presa dell’impasto che mia zia attuava per tuffare le pettole nell’olio caldo. Mia madre cucina bene ma non è una appassionata. Le devo però il merito di avermi sempre lasciata fare e sperimentare anche se tiravo fuori pietanze immangiabili sporcando tutta la cucina. Gli insuccessi, si sa, o ti stroncano o ti stimolano. Per me è valso il secondo caso.

La tecnologia mi ha aiutata parecchio. Durante il mio congedo per maternità ho cominciato a cercare su internet spunti e suggerimenti per realizzare, da sola, la torta di battesimo del mio primogenito. Mi si è aperto un mondo. Ho letto tanto e ho sperimentato moltissimo. E credo di aver tirato fuori anche delle belle produzioni.”

 

3) Mi hai raccontato che nella tua famiglia resiste la tradizione di preparare la salsa in casa. Quali sono i piatti della tradizione di famiglia che più ti fanno star bene e quali emozioni ti suscitano?

M.:
“Quello della salsa è un rito al quale non posso, e non voglio, sottrarmi. Se penso alla cucina di casa mia non riesco ad immaginare un sugo che non abbia il sapore della passata fatta in casa. Se sono ospite mi accorgo se in quella casa si usa salsa industriale oppure no. Non disdegno di certo (ci sono passate industriali decisamente buone) ma io preferisco, come dice mia madre, “la salsa nostra”. È chiaro che non è solo una questione di sapore. Alla salsa, e non solo, sono legati ricordi ed emozioni positivi che bastano a giustificare la fatica della produzione. Per me non inizia il Natale se, il giorno di Santa Caterina, non faccio le pettole. Le ho sempre fatte, anche quando avevo un pancione di 9 mesi! Ho imparato osservando mia nonna e mia zia. Mia madre non è mai riuscita a farle (sua madre e sua sorella supplivano la sua mancanza) e così io ho saltato una generazione.  Mia madre però ha il merito di fare le mandorle perlate più buone e l’odore che si spande per casa nei giorni che precedono il Natale per me non ha eguali. Ne mangio poche ma quel profumo mi trasmette benessere.”

 

4) Il periodo di lockdown è stato anche un momento per sperimentare alcuni piatti che hai sempre amato. Tra questi, le friselle fatte in casa. Mi hai raccontato di aver approfondito anche la storia delle friselle, oltre al metodo di preparazione. Da dove deriva la forma delle friselle e come mai hai deciso di imparare a realizzarle?

M.:
“Un sacchetto di friselle a casa mia non manca mai: è un jolly risolvi-cena. Non le avevo mai fatte però. Durante il lockdown ho sperimentato diversi panificati. È stato un periodo difficile ma impastare per me è rilassante e terapeutico. Faccio parte di una associazione di promozione della cultura gastronomica della tradizione e in quel periodo la nostra presidente ci ha tenuti attivi lanciando diversi contest tra cui quello delle friselle. Ho seguito la diretta, studiato ricetta e metodo e via… non credo che acquisterò mai più le friselle dal panificio. Le ho fatte con diverse varianti di farine.

La frisella, diffusissima in tutta la Puglia, assume nomi e forme diverse a seconda della provincia: frise, friselle, freselle… tonde, ovali, piccole, giganti, quadrate. Si tratta di un panificato semplice: semola di grano duro, acqua, lievito e sale. La frisella era, ai tempi, il pane dei viaggiatori o dei lavoratori nei campi. È un pane cotto due volte e dunque privato totalmente dell’acqua che ne evita il facile deterioramento (muffe). In questo modo il pane poteva essere facilmente conservato per molti giorni e, all’occorrenza, reidratato (sponzato) condito e consumato. Un pomodoro da schiacciare sulla superficie era facilmente reperibile tra i campi e trasformava la frisella in un pranzo al sacco completo e nutriente.
La caratteristica della forma è sicuramente il buco. Tradizione vuole che servisse a passarci un cordino per formare una sorta di collana che ne facilitava il trasporto e la conservazione “all’aria”, appesa e lontano da formiche e insetti.”

frisella
La frisella di Mimma con rape e alici

5) Come hai condito le friselle e come nasce l’ispirazione per mettere le mani in pasta in modo non usuale e creativo?

M.:
“Poiché la frisella è un pane in tutto e per tutto ho voluto provare ad usarle come base di pietanze che solitamente si accompagnano col pane. E così è nata la frisella con il polpo alla luciana, con fave e cicorie, con rape e alici, ecc.  
L’idea è piaciuta anche all’associazione (Kitchen’s Angels) tanto che ne è nata una sorta di sfida alla fantasia su frisella. Gli impasti, per pani o pizze che siano, si prestano benissimo a sperimentazioni fantasiose a patto che si abbia una buona conoscenza della tipologia di farine, della loro forza, dell’idratazione, dei lieviti e dei tempi.
Si parte dagli ingredienti base, farina acqua e lievito, e poi si va in aggiunta di altri ingredienti che ne variano il sapore e anche il colore. In questo periodo, per esempio, sono in fissa con i pani colorati e sono in fase di studio e approfondimento.”

frisella pugliese
La frisella pugliese secondo Mimma

6) Cosa provi quando metti le mani in pasta e come ti fa sentire realizzare ricette nuove?

M.:
“Mi rilassa affondare le mani nell’impasto e dargli forma.
Quando realizzo nuove ricette, non improvviso mai. Studio tutto bene e seguo pedissequamente le istruzioni, non apporto varianti. Poi studio il prodotto finale in tutti i suoi aspetti (forma, cottura, sapore…) e valuto il giudizio dei commensali. Si conclude così il beta test della 1.1 a cui possono seguire altre versioni fino alla definitiva che viene trascritta sul mio quaderno per entrare a far parte del mio patrimonio di ricette provate e approvate. Una gran bella soddisfazione.”

 

7) Dal CRM ai fornelli: che nesso c’è tra questi due mondi apparentemente distanti?

M.:
“Quando si realizza una ricetta il procedimento è tanto importante quanto gli ingredienti. Se metti insieme gli ingredienti a caso non ottieni un buon risultato.
Nel contesto dei processi aziendali un CRM serve un po’ allo stesso scopo: strutturare processi per renderli efficienti ed efficaci.”

frisella
La frisella di Mimma con polpo alla luciana

8) Tempo fa lessi il titolo di un’intervista in cui uno chef diceva che “la cucina è maestra di vita”. Anche per te è così? Se sì, da chi hai imparato a cucinare e quali insegnamenti ti ha donato l’arte culinaria?

M.:
“Osservare come elementi diversi tra loro si amalgamano e si trasformano mi affascina moltissimo. Trovo che sia una metafora di vita vera: nessuno di quegli elementi, dopo l’impasto, potrà tornare ad essere come prima. Un po’ come succede alle persone quando fanno incontri importanti. Quell’incontro le modifica, le cambia, le migliora.  Per non parlare poi della magia della lievitazione: è l’elogio del rispetto del tempo per ottenere un prodotto di qualità e salutare. È come nel lavoro: se vuoi un lavoro ben fatto devi conoscere le caratteristiche degli elementi coinvolti e dedicarvi il giusto tempo. Se metti 50 grammi di lievito in 500 grammi di farina per avere una pizza a tavola in un’ora molto probabilmente avrai seri problemi di digestione. E se consegni in un’ora un lavoro che richiederebbe una giornata?
Ho imparato sperimentando e sfornando ciofeche innanzitutto. Ogni tanto però vado a scuola e partecipo a dei corsi. Imparo l’arte e la metto da parte: prima o poi mi tornerà utile. In questo mio percorso di formazione e crescita c’è la mia maestra e mentore Gianna Dioguardi a cui devo il merito di saper trasmettere passione e spirito di dedizione.” 

frisella
Altra variante della frisella secondo Mimma con: burratina, capocollo di Martina Franca croccante, datterino giallo

9) Ti piace insegnare ciò che hai imparato e trasferire le tue conoscenze agli altri? (sia sul lavoro sia in cucina). Cosa provi quando lo fai?

M.:
“Ho una formazione pedagogica e ho fatto il capo scout per anni, la vocazione per l’educazione dunque non mi manca. Mi piace molto condividere le mie conoscenze perché mi appassiona la dedizione che questa attività richiede.
In qualunque contesto il trasferimento delle conoscenze non è impresa facile: devi trovare il metodo e le parole affinché l’altro comprenda e faccia davvero sue le nozioni ma soprattutto devi essere capace di suscitare la stessa curiosità e lo stesso interesse che hanno stimolato te ad imparare quanto ora vuoi donare ad altri. Mi piace dunque e mi dà tanta soddisfazione non tanto il fatto che qualcuno riesca a tirar fuori un buon prodotto (che sia un dolce o un processo aziendale) grazie alle mie dritte quanto il fatto che a partire da quel momento quella persona si metta all’opera per far da sé e meglio.
Non so se ne sono effettivamente capace, però ci provo.”


Qui sotto le sperimentazioni di Mimma a tema friselle

 


Qui sotto le sperimentazioni di Mimma a tema pane colorato e pesce

 

La cucina è creatività ma anche precisione e studio. Il lavoro più in generale, al pari della cucina, è un esercizio di cura, pazienza, studio, esperienza. Anche quando pensi di sapere, devi essere capace di fare un passo indietro e porti dei dubbi se vuoi migliorarti sempre.

Questo è ciò che fa Mimma Altieri. E lo fa davvero, non solo a parole o a proclami. Questo è quello che mi ha insegnato e trasmesso in questi anni di lavoro. Devo a lei le competenze tecniche e personali che ho affinato e di lei apprezzo anche un’altra dote: la generosità nel donare. Sia che si tratti di farci assaggiare il suo ultimo esperimento in cucina, sia che si tratti di qualcosa che ha scoperto su tematiche lavorative o approfondendo, Mimma conserva l’entusiasmo di chi pensa che dalla condivisione passi il tragitto più prezioso da fare insieme ai colleghi e insieme alle persone.
E adesso che la conosco un po’ meglio so riconoscere anche la soddisfazione che le deriva dalla possibilità di lasciare un tassello del suo percorso anche agli altri.

Questa è la seconda intervista che faccio a una persona che conosco da tempo.
Sembrerà strano ma a volte è più facile fare domande a chi non si conosce da vicino: questo è un esercizio necessario quindi perché non sempre siamo in grado di apprezzare i tanti percorsi di vita che ci camminano accanto. Tendiamo a rivolgere lo sguardo lontano, altrove, tendiamo a cercare qualcosa di distante, ad allontanarci dal quotidiano, ad assuefare gli occhi a quello che vediamo sempre, a dare per scontate le persone con cui condividiamo certi percorsi. E invece le persone che vediamo ogni giorno, e con cui condividiamo pezzi significativi di strada, hanno un mondo che val la pena custodire, scoprire e valorizzare.

Ognuno custodisce un mondo più o meno grande dentro di sé. C’è chi lo nasconde, chi ha smesso di coltivarlo, c’è chi lo ha cambiato in corsa e chi ha ancora tanto da raccontare ma pensa che non importi a nessuno quel racconto. Cercate sempre le persone che vi possono migliorare, cercate le loro storie e, se vi riesce, provate a raccontarle e a metterle in luce.

Le persone che consideriamo comuni o che incrociamo tutti i giorni, comuni non sono. Anzi, sono proprio loro a tessere in sordina tutto quello che ogni giorno impariamo di nuovo e tutto ciò che nel tempo diventa anche nostro patrimonio.

Avete presente quando si dice sovrappensiero la frase “le dirò che una mia amica ne ha bisogno”? Qualche giorno fa, mentre parlavamo, Mimma ha pronunciato questa frase in riferimento a me e l’idea che la sua prima associazione mentale rivolta a me fosse di amicizia, mi ha resa soddisfatta.

Chiedetevi sempre: che ricordo o impressione lascerò nelle persone che ho accanto? E ditevi anche: quanto mi stanno donando loro!

 

Quando si parla di cucina penso sempre al concetto di famiglia, così vi propongo in chiusura la canzone “pane e frittata di mia madre” tratta dal film Basilicata coast to coast.

Laura Ressa


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Le foto presenti nel testo e la foto di copertina sono state gentilmente fornite da Mimma Altieri

 

https://youtu.be/91g5qjXsfYo

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti