skakki nostri

“È la storia più antica del mondo. Un giorno hai 17 anni e stai pianificando il futuro… e poi piano piano, senza rendertene davvero conto, quel giorno è oggi. E poi quel giorno è ieri. E questa è la tua vita.” (One Tree Hill, puntata finale)

Per me, per tutti, è accaduta la stessa cosa. Un giorno sei adolescente e pensi al futuro dal tuo banco di scuola, e improvvisamente quel giorno è oggi e poi a poco a poco quel giorno diventa ieri.

Ho scelto questa citazione iniziale, le semplici parole di una serie televisiva, per raccontarvi cosa ha significato per una come me, classe 1986, essere una parte infinitesimale di quel che è stato Skakki nostri nei primi anni 2000.

Skakki nostri è il giornale studentesco fondato nel 2001 (e ancora in vita) del Liceo Scientifico Scacchi Bari ed è stato anche la community online fondata nel 2002 che, per i giovani di Puglia e Basilicata, ha rappresentato in quegli anni l’antesignana dei social network.

Ludovico Fontana, fondatore del giornale ai tempi e oggi giornalista Rai, per celebrare i 20 anni di Skakki nostri ha pensato di dar vita a un libro, edito da Edizioni dal Sud, che mette insieme i racconti di chi Skakki nostri lo ha vissuto nelle sue due forme (cartacea e digitale).
Il libro è stato presentato a Bari il 27 maggio presso lo Scacchi per gli studenti della scuola e il 25 maggio da Liberrima.

Ludovico, oltre ad essere il curatore del libro, ha scritto una lunga introduzione.
Questi sono gli autori, in ordine alfabetico: Dino Amenduni, Eugenio Bartolo, Simone Capurso, Angela Casavola, Paola Dabbicco, Francesco Di Comite, Adriana Di Rienzo, Giovanni Legendario Dipietro, Fabio Fanelli, Giorgia Fontana, Pippo Fuina, Alessandra Giove, Asia Iurlo, Martino Lacirignola, Caterina Laterza, Silvia Mazzilli, Flavio Pio Melfi, Giovanni Memola, Enrica Moccia, Marco Modugno, Renato Nicassio, Antonella Pagano, Vittorio Parisi, Andrea Ponticelli, Laura Ressa, Simona Summo.

Tra questi autori ci sono anch’io.


OPERAZIONE NOSTALGIA

Se vi dicessi che la maggior parte degli autori del libro, compreso Ludovico Fontana, non li ho mai conosciuti di persona forse non ci credereste. Eppure è così!

Ho frequentato il liceo Scacchi per 5 anni ma il mio era solo un volto in mezzo a centinaia di altri, e inoltre avevo pochissime interazioni sociali. Per questo motivo quando Ludovico lo scorso anno ha usato il gruppo Facebook Quelli che da giovani vivevano su SKAKKINOSTRI… per lanciare l’idea del libro, mi sono fatta subito avanti.

Il giornale Skakki nostri per me ha rappresentato la possibilità di appartenere a qualcosa, di riconoscermi in qualcosa, di avvicinarmi alle altre persone. Scrivere per me è sempre stato un modo per parlare senza usare la voce, per dire al mondo che esistevo senza necessariamente mostrarmi.

Per chi ha timore degli altri, e si trova a fare i conti con l’adolescenza, scrivere può essere una via di fuga dal proprio mondo per avvicinarsi ai mondi altrui. Un modo per restare abbracciati a se stessi ma cercare al tempo stesso di aprire finalmente le ali per volare via.

Skakki nostri mi ha dato quella spinta, mi ha dato un motivo per scrivere e un luogo in cui farlo, l’opportunità per parlare agli altri senza arrossire. E mi ha dimostrato che, anche se non ci arrivi con il tuo coraggio e con la tua voce, le parole scritte possono farti scavalcare muri che credevi invalicabili.

Così oggi penso a tutti quei giovani che sono convinti di non avere voce, di non avere nulla di interessante da raccontare, o che hanno difficoltà a farsi conoscere dagli altri.

In questo libro ho cercato di parlare a loro, anche per rassicurarli. E un po’ certamente a me stessa, perché in fin dei conti sono rimasta per certi versi quella ragazzina impaurita che usciva dall’aula di scuola solo per andare in bagno o per tornare a casa a fine giornata.

e se si potesse tornare indietro?

Ricordo che quando ero bambina, la sera prima di infilarmi nel letto dopo aver messo il pigiama, pregavo ogni giorno di diventare al più presto adulta. Quando ero adolescente mi chiedevo di continuo perché non potessi avere le stesse cose che avevano i miei coetanei. Non partecipavo quasi mai alle gite, non uscivo la sera, non indossavo abiti alla moda, non mi sentivo sicura di me e non facevo granché per uscire dal mio stallo. Penso sia capitato a tanti, non solo a me.
Non mi sentivo per niente simile a chi aveva la mia età e speravo ogni giorno che quel periodo della vita passasse in fretta. Che potessi decidere la mia strada, quella in cui non avere più paura e poter essere libera di vivere.

Oggi, a 36 anni, non vorrei rimpiangere il passato. Eppure sarei ipocrita a non ammettere che qualche volta vorrei tornare per un solo giorno indietro di qualche anno. Anche se non si può ed è impossibile, io lo farei volentieri.

E allora mi chiedo: quante cose farei diversamente se davvero potessi tornare indietro?

A 21 anni dalla creazione del giornale Skakkinostri, ascoltare i miei coetanei che ripercorrono il passato camminando tra i corridoi del nostro liceo fa un certo effetto. E le parole di uno di loro in questo video in particolare mi ricordano chi ero e chi sono ancora: “c’era questa sensazione di appartenenza che tutti noi di Skakki nostri, chiunque, anche con un solo articolo o un solo post, sentiva ai tempi.”

Mi mancano le lande sterminate?

Mentre rifletto sul passato che vorrei rivivere, sulla nostalgia e sulla sensazione di non aver vissuto appieno la mia gioventù, mi compare su Facebook, quasi come fosse un segno, un post della scrittrice Paola Barbato.
Ve lo riporto qui di seguito, virgolettato.

Se mi ripenso un anno fa so che stavo meglio di adesso.
Due anni fa stavo abbastanza bene.
Tre anni fa stavo una favola.
Quattro anni fa era un altro pianeta.

Se quattro anni fa mi avessero strappata dal mio pianeta per farmi piombare nella realtà di oggi credo che non avrei potuto reggere.
Però non sono affatto convinta di quella faccenda che ci capitano solo cose che possiamo sopportare, e nemmeno di quella della goccia del veleno al giorno che ci rende immuni.
Sono più propensa a credere che uccidiamo quelle parti di noi che non ce la fanno.
Non sono parti grandi, sono rametti, ranuncoli, gemme.
Però se una gemma si ammala è capace di contagiare tutto il ramo, allora la si sacrifica, perché è più importante che il resto rimanga integro.
Ci sono delle parti di me che ho perso.
Lo so perché so di averle avute e so che oggi non esistono più.
Non saprei dire se mi mancano, e le ricordo bene, riesco a rievocarne il sapore e le vibrazioni.
Però mi pare impossibile che fossi io.
Conosco persone che si sono tenute strette ogni parte di sé, che vivono certe cose oggi come vent’anni fa e che sotto il peso di tutto quel sé si stanno schiantando.
Avere acri e acri di terreno secco, bruciato perché non si può abbeverare tutto e alla fine non restano che erbacce infestanti mai piantate.
Il mio terreno invece si riduce ogni anno che passa, ma lo coltivo palmo a palmo, lo nutro, lo curo.
E piuttosto che farlo infestare tiro in qua lo steccato e lo stringo di un po’.
Mi mancano le lande sterminate?
Credo che non sapessi che farmene, quando le avevo.
Forse è proprio vero che si nasce incendiari e si muore pompieri.


Come vi raccontavo qualche rigo più su, io mi sento ancora come quella ragazzina impaurita che vent’anni fa portava i suoi articoli alla redazione di Skakki nostri. In certe cose della vita sono ancora intrappolata nella mia gabbia, lo dimostra il fatto che spesso volgo lo sguardo indietro. Lo dimostra anche il fatto che, ad esempio, durante la presentazione del libro non ho interagito con nessuno degli altri autori se non con Ludovico Fontana, a cui mi sono presentata per la prima volta.

Perché? Perché mi sembra di essere sempre intrappolata, bloccata dal giudizio altrui, atavicamente attaccata alla mia insicurezza.

Oggi però mi chiedo: mi mancano davvero quelle lande sterminate che avrei potuto avere per cambiare la mia giovinezza e fare tutto in modo diverso? Soprattutto: se fosse andata così, oggi sarei qui a raccontarlo?
In fondo noi restiamo sempre noi, a prescindere dal tempo e dallo spazio in cui ci troviamo a vivere. E siamo le esperienze che abbiamo fatto, ma anche quelle che non abbiamo potuto fare. Siamo i pezzi di noi che abbiamo sacrificato lungo la strada per non infestare il resto.

Sono certa che chiunque vent’anni fa abbia fatto la scelta di essere parte di Skakki nostri, o di qualsiasi altro progetto simile, porti con sé un dono speciale nel cuore.
Un dono e un ricordo che restano racchiusi in un piccolo orto che, di tanto in tanto, è bello innaffiare, riaprire e far visitare.

Non so se farò mai pace con il mio passato. Non so se capirò mai che indietro non si torna.

Però stavolta far visita al passato con questo libro su Skakki nostri penso ci abbia fatto tracciare un’impronta di quel che è stato, un passaggio di testimone alle generazioni che verranno. In un certo senso anche per sentirci di nuovo immersi in un periodo della vita in cui tutto profumava di pagine nuove, di carta appena stampata, di infinite possibilità che si aprivano davanti a noi.

No, il tempo non torna più
E forse rimani tu, con quello che hai


AMARCORD: I RAGAZZI DI SKAKKI NOSTRI alle presentazioni del libro

Ecco qui di seguito i video che raccontano le prime presentazioni del libro dedicato a Skakki nostri.

Dal ciclostile al social network, l’avventura di “Skakki Nostri”

dove trovare il libro

Il libro è disponibile al link https://www.dalsud.it/prodotto/skakki-nostri-da-giornale-scolastico-a-social-network/

Grazie, Skakki nostri, per la tenacia con cui resisti al tempo e grazie ai ragazzi che lo hanno fondato nel 2001!
Grazie a Ludovico Fontana e a tutti gli altri autori del libro!
Grazie ai giovani studenti che oggi continuano a far vivere il giornale! Noi nei primi anni 2000 avevamo pochi strumenti digitali, loro oggi sono subissati di stimoli e la scelta di portare avanti questo progetto deve renderli orgogliosi.

Skakki nostri resterà sempre una pagina indimenticabile della mia gioventù e di quella di chiunque ne abbia fatto parte.

Chiudo con la stessa citazione con cui chiusi qualche tempo fa l’intervista alla redazione Skakki nostri del 2018.

“Lei è così giovane, così al di qua di ogni inizio, e io vorrei pregarla quanto posso
di aver pazienza verso quanto non è ancora risolto nel suo cuore,
e tentare di amare le domande per se stesse,
come stanze chiuse a chiave e libri scritti in una lingua sconosciuta.
Non cerchi ora risposte, non possono venirle date
perché non sarebbe in grado di viverle.
E di questo si tratta: di vivere tutto. Viva le domande ora.
Forse a poco a poco, senza quasi notarlo,
si ritroverà a vivere un giorno lontano dentro la risposta.”

(Lettere a un giovane poeta, Rainer Maria Rilke)

Laura Ressa

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Copertina: immagine creata con Canva mettendo insieme le foto che ho scattato a vecchi numeri del giornale Skakki nostri

Colonna sonora che mi ha accompagnato nella scrittura di questo articolo: Black Rebel Motorcycle Club – Mercy

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti