
Si è soliti pensare che la figura del manager sia assimilabile a quella del privilegiato, colui o colei che può fare ciò che altri non possono e può ambire a ciò che ad altri è precluso. Nell’immaginario comune rientra anche l’iconografia della persona che si sente realizzata, che ha raggiunto un certo status sociale e riconoscimento in certi ambienti e fa dunque sfoggio e vanto di tutto ciò. Sempre nell’iconografia rientra la propensione del manager all’utilizzo di status symbol o di strumenti tecnologici costosi e di ultima generazione. Non manca poi, nel dipinto generale, anche l’immagine del manager intento ad affrontare moltissimi viaggi di lavoro, magari in località particolari o presso i clienti oppure in situazioni di networking e rappresentanza.
In effetti penso che questa rappresentazione, in molti contesti, rappresenti la realtà.
Tuttavia, sarò romantica, sono fermamente convinta che condurre una squadra di lavoro verso gli obiettivi e diventare fonte di ispirazione sia quanto di più lontano possa esserci da questa iconografia classica della persona che, in base al proprio livello contrattuale, dipinge addosso a sé anche uno stile di vita privilegiato o comunque superiore, nelle pose e negli atteggiamenti, rispetto ad altri.
Sono certa che il manager, non dico illuminato ma definibile come vero leader, non sappia che farsene dei privilegi. Magari li rifiuta anche. L’iconografia a cui mi piace pensare è quella della persona che sa dare luce e valore alle persone, che sa intravedere un’idea interessante senza appropriarsene ma donando i giusti meriti.
La questione del merito, soprattutto nel nostro paese, è ben lontana dalla realtà per quanto magari possa essere argomento interessante per articoli ed eventi.
Cosa manca allora per cambiare questa visione? Credo che i cosiddetti illuminati esistano. Certo, non possiamo aspettarci che la realtà sia una fiaba ma buone vie di mezzo tra sogno e realtà esistono.
A livello paese e a livello contrattuale si può, forse, fare la differenza ma, se ci pensiamo bene, la differenza vera la fanno le persone.
Per ribadire il concetto “se nasci tondo, non muori quadrato”, anche la leadership (diversa dal management) è strettamente connessa all’ambiente di provenienza, all’educazione, alla sensibilità, alle propensioni individuali.
Dunque, come sempre, la differenza tra buoni e cattivi si gioca sempre sulla storia personale e sull’indole prima ancora che sulle regole della giungla sociale che ci vuole affamati di denaro, riconoscimento sociale e auto-celebrazione.
Se hai in te i concetti di base di rispetto, valorizzazione del prossimo, cura di ciò che conta nella vita, non avrai difficoltà ad essere un buon esempio per le persone.

Laura Ressa
frasivolanti di frasivolanti.wordpress.com/ è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’articolo è anche su Medium
Copertina: Photo by austin distel on Unsplash