“Ogni azienda ha una storia da raccontare” – scrive – e infatti lui quelle storie le racconta.
Cristiano Carriero aiuta imprese e imprenditori a raccontarsi. Storyteller e Digital PR, co-fondatore de La Content Academy e di Martin Brandothe storytelling company. Giornalista e blogger, scrive di calcio, cultura e lavoro. Collabora con le aziende in progetti di narrazione. Ha pubblicato, per Hoepli, Facebook Marketing, Content Marketing, Facebook for Dummies, Local marketing, Mobile Working e Facebook Marketing Pro. Si allena a trovare tempo per tutto, non sta mai fermo. E poi fa anche altre cose più vicine a noi comuni mortali tipo cuocere i legumi e preparare le friselle… più in fondo scoprirete perché parlo proprio di legumi e friselle. Ma soprattutto Cristiano allinea pianeti (come ha scritto sul suo profilo Facebook), crede che il marketing si possa fondare sul funnel of love e che “per scrivere bene non basta aver fatto il classico”.

Chi è Cristiano Carriero? Se ancora non lo sapete, godetevi questa intervista. Vi consiglio di godervela anche se lo conoscete già.


1) A proposito di scrittura, che per te è prima una passione poi divenuta anche lavoro, hai scritto: “Penso di poter riconoscere chi ama scrivere da come approccia alla tastiera. Se è nervoso, se batte troppo forte i tasti, se non gli dà la musicalità giusta e se non usa per bene tutte le dita delle mani, non è innamorato abbastanza delle lettere.”
Nel corso del tempo io stessa ho imparato a cogliere la sinfonia dei tasti, il suono prodotto dalle dita nell’impeto dello scrivere. Per questo dico che quando scrivo, compongo la mia musica in parole. Tu quale sentimento provi quando scrivi?

Cristiano:
Io provo piacere a mettere le mani sulla tastiera! Questo ovviamente dipende anche dalla tastiera che hai, se non funziona bene o è vecchia questo piacere viene un po’ meno. Anche per scrivere devi fare un investimento, compatibilmente con le tue possibilità, perché la tastiera è il principale strumento di chi scrive e lo fa anche per lavoro.
La scrittura è musicale e se il ritmo non ce l’hai è facile accorgersene. A me capita spesso di accorgermi come sta una persona da come digita sulla tastiera e un modo di digitare nervoso produce un brutto suono.
Se mi accorgo che sto digitando nervosamente, mi fermo perché altrimenti sono certo che se continuo scriverò un testo o una mail che causerà nervosismo. Credo sia fondamentale avere un approccio ottimale alla propria tastiera e capire quando fermarsi anche dal modo in cui digiti.
Chi digita male, scrive male.

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Cristiano Carriero durante La Masterclass 2019

 


2) Di recente hai pubblicato sui social questa citazione.
“Non credo che il mio bisogno di mantenermi creativo dipenda da una necessità di dimostrare qualcosa, ma dal fatto che la sola creatività mi renda felice. Credo che lo sforzo di essere creativi, di mantenersi attivi, sia strettamente legato al restare in vita.” – Willie Nelson, tratto da “Tieni Duro!” (Austin Kleon)
Cosa ti rende felice? La scrittura e la creatività ti aiutano a “restare in vita”?
Per me, ad esempio, è proprio così. Probabilmente se non avessi ogni giorno l’obiettivo di scrivere almeno un rigo avrebbe un po’ meno senso la giornata.

C.:
Sì la scrittura mi aiuta a “restare in vita” come scrive Kleon, ma vivo la scrittura sia come un piacere sia come un lavoro, come un modo per guadagnare e per far guadagnare altre persone. Quando un progetto riesce a dare anche lavoro ad altri e a far diventare sostenibili le cose belle, in quel caso sono davvero soddisfatto.
I progetti a quel punto sono anche profittevoli oltre ad essere progetti belli: non parlo soltanto di pubblicità ma di storytelling e racconto, tutte cose che a me sono sempre piaciute molto. Adesso che riesco a farle io e a far lavorare altri con me, questo traguardo mi dà tanta soddisfazione e mi rende felice.

C’è un momento della vita in cui fai questo scatto.
Prima la mia preoccupazione era solo il mio guadagno personale, oggi la mia preoccupazione è che gli altri possano guadagnare. Durante i mesi di lockdown non sono stato preoccupato neanche un secondo per me, mi sono preoccupato invece molto delle persone che lavorano con me e il fatto che siamo riusciti a superare quel momento è stato un bel traguardo.
Mi piacciono le parole nobili come “collaborare” ma la cosa importante è non aver vergogna anche di pronunciare il verbo “guadagnare” e far guadagnare altri facendo qualcosa di bello. Poi lo star bene è fondamentale, in La Content lavoro con persone brave e belle dentro: abbiamo sempre il giusto approccio e nessuno accusa mai gli altri. Quando lavorare diventa così piacevole riesci a superare i limiti di orario: noi ci chiamiamo e ci scriviamo sempre e non abbiamo orari netti in cui farlo perché lavoriamo bene insieme. Viceversa se non hai questo valore condiviso e questo star bene insieme, il lavoro diventa più difficile e pesante.


3) Hai scritto sui social “ho la certezza di essere circondato da professionisti bravissimi ma, ancora più importante, da belle persone. Perché in giornate in cui il telefono squilla in continuazione, leggere sul display un nome che ti fa sorridere e ti fa venire voglia di rispondere è la più grande fortuna di tutte. Se vi capita, fateci caso.”
Quanto conta nel tuo lavoro, e quindi nella vita, la qualità delle relazioni che hai con le persone?

C.:
Conta moltissimo, è tutto. Più ci avviciniamo a un mondo in smart working che segue logiche tutte sue e in cui c’è il freelance che lavora con agenzie e aziende, più queste pratiche diventano essenziali. Chi avrà la priorità allora? Le opzioni sono due: o chi ti paga di più (regola del mondo capitalistico) oppure chi ha una relazione migliore con te. Se dovessi scegliere tra prendere 1.000 euro da una persona irrispettosa e prenderne 500 da una persona piacevole, non ho dubbi e scelgo la seconda opzione.
Ora che l’azienda l’ho costruita io, voglio scegliere le persone in base alla gentilezza, alla disponibilità, persone che abbiano un modo di fare che mi somiglia. Questo non vuol dire che si debba essere gentili sempre o per forza, ci sono capacità manageriali che non fanno sempre rima con gentilezza. Però credo che sia giusto avere il rispetto per gli altri come caratteristica imprescindibile.

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Cristiano Carriero e Alessandro Piemontese

 


4) In che modo per te la scrittura è collegata ad altri mondi come il cinema, la musica, l’arte, lo sport? E in che modo questi canali sono connessi tra loro nel tuo processo creativo?

C.:
Parlare e scrivere solo di un argomento ti porta a essere monotematico, il che è pericoloso. Se anche nel lavoro hai fatto sempre solo una cosa, diventa un problema perché rischi anche lì di essere monotematico. Io sono sempre stato bulimico di fonti, di letture e tipologie diverse di intrattenimento. Questo per anni è stato un limite. All’inizio ho avuto problemi sul lavoro perché nelle mie prime esperienze in azienda non mi hanno confermato il contratto per questa mia caratteristica: vedevano come un limite il fatto che io fossi interessato a tante cose. Mi dicevano “ma tu non vuoi specializzarti in un solo ambito?”. Alla fine ho capito che questa poteva essere la mia fortuna e poi ho scoperto il mondo del marketing e ho capito che potevo dire la mia perché rispetto ad altri molto più preparati di me su argomenti specifici, io sapevo tante cose. Ne so un po’ di cinema, di teatro, di letture, di calcio, di trash, di pop e ho trovato il mio posizionamento lì al centro di tutto.

Ci sono professionisti fenomenali, molto più preparati di me su tematiche specifiche: la mia dimensione è diversa.
Con La Content infatti stiamo puntando proprio su una formazione vasta, dal social media marketing alla narrazione e scrittura, ai webinar sulla scrittura sportiva perché possiamo contaminarci e perché non è detto che se fai un corso sulla scrittura sportiva tu non possa poi utilizzare quelle conoscenze nel tuo lavoro. Anche se il tuo lavoro non è scrivere di sport.


5) In un tuo speech sullo storytelling aziendale realizzato per Marketers and Friends citi il libro di Stephen King “On Writing”.
Ecco l’estratto in questione.
“Potete avvicinarvi all’atto dello scrivere con nervosismo, eccitazione, speranza, o anche disperazione, la sensazione cioè che non riuscirete mai a mettere sulla pagina quello che avete nella mente e nel cuore. Potete avvicinarvi a quell’atto con i pugni chiusi e gli occhi stretti, pronti a menare e a prendere nota dei nomi.
Potete mettervici perché volete farvi sposare da una certa ragazza o perché volete cambiare il mondo. Mettetevici in qualsiasi modo, ma non alla leggera. Lasciatemelo ripetere: non dovete affrontare alla leggera la pagina bianca.
Non vi chiedo di affrontarla con timore reverenziale o senza dubbi; non vi chiedo di essere politicamente corretti o accantonare il vostro senso dell’umorismo (pregate Iddio di averne uno).
Questa non è una gara di popolarità, non sono i giochi olimpici della morale, non siamo in chiesa. Ma si tratta di scrivere, dannazione, non lavare la macchina o mettersi l’eyeliner. Se sapete prenderlo sul serio, abbiamo da fare insieme. Se non potete o volete, è ora che chiudiate il libro e vi dedichiate a qualcos’altro.”

Stephen King ha influenzato la tua anima di lettore e di storyteller? Quali scrittori rappresentano per te i veri maestri e qual è l’insegnamento più importante che hai tratto dai loro libri?

C.:
Stephen King non ha influenzato la mia scrittura, perché non sono mai stato attratto dal suo genere di romanzi e quelli più famosi a dire il vero li conosco solo dai film che ne sono stati tratti.
Sono stato influenzato invece molto da altri scrittori che adoro come Eshkol Nevo di cui amo lo stile perché utilizza intrecci narrativi che ti sorprendono ed è quello che mi ha condizionato di più. Poi tra i miei autori preferiti cito anche Fabio Genovesi, Sandro Veronesi, Francesco Muzzopappa, Michele Dalai (autore e scrittore di cui mi piace qualsiasi cosa scriva, anche i post su Facebook).

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cosa starà leggendo in questa foto?

 


6) Quando sento la famosa frase “Content is king” (pronunciata per la prima volta nel 1996 da Bill Gates) penso inevitabilmente alla canzone Your love is king di Sade e dunque ritorno al claim del sito La Content che recita “The funnel of love” (immagino ispirato invece alla canzone dei Dire Straits “Tunnel of love” o a “The power of love” dei Frankie Goes To Hollywood?).
Tutta una serie di immagini si collegano tra i significati delle parole Contenuto e, stranamente, “Amore”.
Riprendendo il significato di “Funnel” (=imbuto) nel linguaggio marketing capiamo che si tratta di un “modello di marketing tradizionalmente impiegato per descrivere e analizzare il path to purchase, ossia il percorso compiuto dal consumatore nel corso del processo di acquisto, dal momento della consapevolezza dell’esistenza di un certo prodotto, all’acquisto del prodotto medesimo.” (Fonte: https://www.glossariomarketing.it/significato/funnel/)
Credo però che la comunicazione sia da tempo considerata come qualcosa di legato più alle emozioni e alle esperienze delle persone e il marketing sia spesso considerato come un elemento negativo perché le tecniche classiche sono invasive e il termine stesso nel tempo ha assunto un’accezione negativa.
Perché avete scelto la parola “love” e quanto conta per te e i tuoi soci curare il ruolo delle emozioni nella comunicazione?

C.:
La frase “The funnel of love” si ispira alla canzone “The power of love”, ma quella di Huey Lewis and the News che è la colonna sonora del film Ritorno al futuro.
Questo gioco di parole riferito al funnel ci è venuto in mente perché crediamo nel potere dell’amore ma anche nella possibilità di usare i mezzi di marketing per comunicare qualcosa di empatico. Noi siamo i nemici del funnel nella sua accezione classica, per noi infatti la traduzione di “funnel” è “fregatura” e quindi abbiamo costruito un funnel tutto nostro che è la nostra chiave distintiva. Se entri nel nostro funnel non ti succede quello che accade di solito, ovvero email pressanti e chiamate.
Noi non stressiamo, aspettiamo le risposte delle persone senza essere invadenti e questo ci porta a definire il nostro come un funnel of love.
La dobbiamo vincere la gara del marketing, dobbiamo riuscire a coinvolgere le persone interessate e vicine al nostro modo di fare altrimenti vendiamo aspirapolvere, che comunque è un lavoro dignitoso ma non è quello l’obiettivo che ci siamo dati noi.
Quando cerchiamo di fare iniziative coinvolgenti sentiamo spesso obiettare “va bene, ma è tutto marketing” come se il marketing fosse qualcosa di negativo a prescindere. Quindi stiamo cercando di cambiare i connotati a una parola che il più delle volte è vista solo in questo modo.


7) Parliamo di gestione del tempo e di quanto a volte ne sprechiamo. È del 26 maggio un articolo di Riccardo Luna, apparso su La Repubblica e da te condiviso, che parla della riduzione delle trasferte lavorative post-virus e di quanto ne avremmo da guadagnare in termini di tempo e denaro.
Tempo, denaro e motivazioni umane sono cose che fanno sempre pensare.
C’è chi corre dietro al tempo, chi non ne ha mai abbastanza, chi è costretto per lavoro ad essere sempre in giro, chi non vorrebbe farlo anche se deve, chi vorrebbe ma non può, chi ama essere spesso in trasferta perché ama viaggiare, chi vorrebbe usufruire di servizi di trasporto migliori, chi lo fa per sfruttare al massimo le risorse aziendali, e chi magari è spesso in trasferta perché non ama restare a casa o in famiglia. Ognuno vive secondo la propria esperienza il rapporto con il tempo e con gli spostamenti di lavoro, e per quanto io possa essere contraria a certi atteggiamenti e a certi sprechi, non posso giudicarli dall’esterno. Ognuno, penso, farà i conti con le proprie scelte e il proprio tempo.
Per te che valore ha il tempo e come cerchi di spenderlo al meglio? Quanto è importante lasciare spazio alla vita privata?

C.:
Sono d’accordo con quello che ha scritto Riccardo Luna. Chi viaggia perché lo deve fare è quasi sempre pendolare e di certo non chi viaggia in prima classe. Io mi riconosco molto nella prima categoria di persone e diciamo che ci potevamo accorgere prima della pandemia che bastava una call anziché andare e tornare da una città all’altra in giornata. Con l’emergenza ci siamo resi conto che basta vedersi solo quando è necessario.
Io prima viaggiavo tre, quattro volte a settimana e di tempo libero non ne ho mai avuto tantissimo anche se faccio l’arbitro di calcio, vado al cinema e mi piace ritagliarmi del tempo per me. Ma quel tempo non è abbastanza.
In passato sono stato molto schiavo del tempo, adesso sto rivedendo le mie priorità e tra le cose che vorrei cambiare c’è il tipo di vita che facevo prima. D’ora in poi preferirò lavorare da remoto e se qualcuno non accetterà cambierò committente: qualche cliente illuminato ce l’ho ma la mia decisione è questa e penso che non ricomincerò a viaggiare con la stessa frequenza di prima. A me piace viaggiare per lavoro, ma questa non può essere la regola.
Ho la fortuna di essermi creato un lavoro che mi piace molto e dove c’è molto di privato: lavoro e e vita privata non sono separati nettamente.
Nel lavoro poi non sono solo un capo, collaboro anche con altre agenzie in cui riporto a qualcun altro e questo mi aiuta tantissimo a mettermi nei panni degli altri perché non ricopro solo un ruolo lavorativo nella mia vita. Credo di essere un caso raro perché di solito le persone subiscono un potere oppure lo esercitano.
Io sono freelance, ma sono anche responsabile quando lavoro per La Content, sono collaboratore per Ad Mirabilia. Nell’ultimo caso non sono un dipendente ma comunque da consulente riporto a qualcun altro. Ho fatto tesoro di questo modo di lavorare perché quando parlo con i miei collaboratori di La Content non ragiono solo da capo, e quando mi rapporto con il mio “capo” non sono solo collaboratore ma so ragionare anche nel suo modo.
Questa quindi è un’esperienza che consiglio a chiunque, fare gli imprenditori o viceversa mettersi anche nei panni del consulente. Ti aiuta ad avere una visione completa e quindi la reputo una fortuna per me anche se certamente presenta pro e contro.

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8) Il 1° maggio di quest’anno hai pubblicato un post che mi è piaciuto molto e che parla del ruolo del lavoro nella giornata dedicata ai lavoratori.
Riporto alcuni passaggi del tuo testo:
“Lavorare è un diritto, lavorare è fatica, lavorare è realizzazione. Lavorare nobilita, ma non è il metro di giudizio della dignità altrui. Nella mia vita il lavoro l’ho cercato, l’ho bramato, l’ho desiderato, l’ho raggiunto, l’ho perso, l’ho ritrovato, l’ho riperso malamente, l’ho inventato.
[…] È bellissima una “Repubblica fondata sul lavoro” a patto che insegni il reale peso del lavoro all’interno della società stessa. Che viene dopo la salute, il benessere fisico, quello psicofisico, quello collettivo della comunità tutta. Dopo la dignità personale di chi il lavoro può anche perderlo, semmai, ma non deve sentirsi un fallito per questo.
Una società contemporanea – che non si arrovella su pensieri nobilissimi di cento anni fa – insegna fin dalla scuola che essere “impiegabile” è meglio che essere impiegato. E che poter contare su delle alternative è la misura della nostra dignità, della possibilità di potere dire anche di no. […]”

Condivido il tuo pensiero, sia sulla questione della dignità sia sul fatto che il lavoro non debba essere prioritario su altri aspetti della vita. Eppure la società in qualche modo ci impone di vivere secondo i ritmi dettati dal lavoro. Del resto, senza lavoro è anche difficile affrontare le spese e poter vivere.
E allora mi chiedo: come si fa ad avere la libertà di dire no, come scrivi tu nel post, in una società in cui si ragiona ancora in termini di “se tu dici no, ne trovo subito un altro che mi dice sì”?

C.:
Quel post è arrivato in un momento delicato per tutti e quando vedi lontana la fine, cominci a costruire nuove abitudini. Ricordo che lo scorso 1° maggio era un venerdì e qualcuno il giorno prima mi aveva chiesto “tu domani lavori?”. Risposi di no perché al 1° maggio ci tenevo e preferivo non lavorare anche se non potevo andare da nessuna parte. In quel momento era giusto fare una pausa, avevamo tutti lavorato di più, parlo di chi ha potuto farlo naturalmente per il tipo di lavoro che svolge.
Per poter dire di no al momento opportuno penso che sia necessario imparare a costruirsi alternative, soprattutto quando le cose vanno bene. Bisogna lavorare per trovarsi il lavoro e la misura delle alternative che hai è proprio quella: devi tenerti sempre vivo e in forma, altrimenti poi diventa complicato trovare nuove opportunità quando il lavoro precedente non lo hai più. L’idea di base quindi è costruire per il futuro. Faccio un paragone: è come se tu stai con una persona e non ti curi più, cominci a ingrassare e a lasciarti andare. Se poi la persona ti lascia, dopo diventa più difficile stabilire un’altra relazione. Certo forse questo è un paragone un po’ trash ma credo che renda l’idea.


9) Per raccontare che ho apprezzato il lavoro svolto dal team di La Content nei mesi del lockdown, ho parlato di voi nel testo La comunicazione perbene.
L’ho scritto con l’intento di evidenziare quanto abbia molto più senso essere sinceri nel comunicare il proprio brand. Perché come si dice “il diavolo fa le pentole” ma i coperti si notano subito soprattutto in momenti di emergenza e in contesti in cui la comunicazione ormai è presente ovunque.
Siamo però circondati spesso da scarsa progettualità e da aziende che basano la propria comunicazione sul meteo del giorno, su come ci si è svegliati al mattino o su una manciata di hashtag trovati nei trend topic.
Per me la comunicazione perbene è l’opposto di tutto questo. Ovvero è quella pensata con cautela, ragionata, progettata in base ai bisogni e che sappia parlare alle persone senza necessariamente voler vendere qualcosa. O comunque senza farlo in maniera troppo spudorata.
Quale insegnamento ti ha regalato questo lockdown dal punto di vista professionale, e dunque umano, sul tema della comunicazione e di come farla in tempi incerti?

C.:
Mi ha insegnato che possiamo sopravvivere economicamente anche in momenti difficili. Non pensavo che per il nostro settore fosse possibile perché noi viviamo di formazione e abbiamo dovuto cancellare il nostro evento principale. Sono saltate tante cose ma con le alternative giuste e la voglia di sperimentare, vengono fuori bei progetti nuovi. Chi si è abbattuto dall’inizio, non ha tirato fuori grandi idee. Questo è un assioma.
Noi abbiamo inventato la Masterclass online triplicando i docenti, i webinar Fuoriclasse online, La Saturday night sui social. Ci siamo attrezzati per le call, abbiamo comprato microfoni e telecamere per fare tutto al meglio e io ho imparato anche a godermi la noia. La noia è fondamentale e lo dice uno che non stava mai fermo, che faceva viaggi lunghissimi e voleva sempre farne di nuovi.
Però il periodo che abbiamo vissuto è stato simile al viaggio sulla Route 66 perché lì impari a stare con te stesso e a vivere la noia. L’America di quei territori vastissimi ci insegna che può essere meraviglioso anche fermarsi sotto un albero a leggere un libro o fermarsi in una stazione di servizio in mezzo al nulla. Speriamo che non ci ricapiti di vivere di nuovo il lockdown, ma se dovesse ricapitare io mi rimetterò con calma a riflettere di più e a lavorare su idee nuove. Così mi godrò anche di più i frutti del lavoro.


10) Mi hai fatto sorridere quando hai raccontato sui social di aver preparato i ceci per la prima volta durante il lockdown. Si trattava ovviamente di quelli non precotti, quelli che metti a bagno 8/12 ore prima di cuocerli. Come tu stesso hai scritto, anche questo è stato un esercizio di pazienza.
Per chiudere quindi ti chiedo: nel tuo lavoro quanto conta la pazienza e in che modo nel tempo quella pazienza ti ripaga?

C.:
La pazienza conta tantissimo. Di solito ci innervosiamo quando percepiamo l’impazienza e la voglia di chiudere, quando dall’altra parte abbiamo un commerciale o un commerciante che vuole vendere a tutti i costi. Nel nostro lavoro vendiamo un bene prezioso e costoso e devi saper aspettare, devi saper scrivere la mail al momento giusto e saper spiegare. Ci vuole pazienza anche nella crescita delle persone: su due persone del mio team sono stato molto lungimirante perché ero convinto che fossero molto più brave della media. Parlo di Isabella ed Elisa ma senza nulla togliere agli altri che pure sono bravissimi: ho investito tempo con loro e abbiamo parlato tanto con lo scopo di farle crescere. Loro sono le persone che dall’inizio stanno con noi e poi c’è anche Fabrizio con cui stiamo realizzando bei progetti.

In generale per far crescere le persone ci vuole pazienza e lungimiranza. Se tu hai un’azienda e non punti sulle persone hai fatto solo metà del lavoro e poi succede che ogni quattro mesi devi prendere una persona nuova. Non è neanche una questione di stipendio perché non è detto che le persone vadano via sempre per uno stipendio più alto. Con le persone devi costruire un percorso che prevede una crescita. Io con loro parlo tantissimo, con Isabella, Giorgia, Fabrizio, Elisa. Su loro e sugli altri ho investito molto e ci ho creduto tantissimo. Ci auguriamo di fare un bel percorso con loro, e sinceramente non so quante persone dedicano ogni settimana tempo ai propri collaboratori.
Isabella ad esempio la chiamo ogni giorno ed è un investimento importante spendere tempo a parlare e a costruire insieme.
Ciò non significa che queste persone un giorno non possano decidere di andar via o fare un altro percorso. Questa possibilità c’è e fa parte della vita ma non per questo non devi investire sulle persone: è una soddisfazione grande poter puntare su di loro. Ci sono tante persone che hanno lavorato con noi e poi sono andate altrove.
Anni fa lavoravo in un’agenzia di Ancona che si chiama Lampone in cui lavora tuttora una persona a cui voglio molto bene, Francesca. Quando sono andato via dall’agenzia lei per 7 anni non mi ha parlato, un mese fa mi ha detto di esserci rimasta male del fatto che fossi andato via. Per me è stato un onore sapere che lei ci fosse rimasta male, lo racconto perché Francesca può essere orgogliosa del fatto che da lei abbiano lavorato persone che poi hanno realizzato davvero belle cose, anche se altrove. Vuol dire che da lei hanno imparato molto.
Io nella sede dell’agenzia avrei messo le foto di chi è passato da lì e che grazie a lei è diventato bravo. Spero di poterlo fare anch’io un giorno, spero di poter dire che con me hanno lavorato professionisti che poi nel tempo hanno fatto strada altrove. Questo è un valore aggiunto e non ci vedo nulla di male nella scelta di continuare a crescere altrove o fare il salto.

Il problema nasce quando in azienda non cresci e trovi sul tuo percorso persone che non vogliono spostarsi di un millimetro dalla propria sedia, che non investono in te e non ti aiutano a crescere e nemmeno a far emergere le tue capacità.

Bene, con questa intervista praticamente ho scritto la mia biografia!
Come hai detto che si chiama il tuo blog? Frisevolanti? Scusa ma sto preparando le friselle adesso: era un mio grande desiderio da tempo!

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Elisa Gigli, Cristiano Carriero, Isabella Torelli – La Masterclass 2019

 


Cristiano è una persona che coltiva. Non nei campi, s’intende, ma insomma coltivare le persone è quasi come seminare un campo per raccoglierne i frutti. Ci vuole pazienza e tempo, bisogna conoscere la stagionalità dei prodotti e stare attenti alla cura della semina e ai parassiti. Per alcune colture poi si presta anche attenzione a non utilizzare pesticidi. I frutti che nascono non sono solo utili al proprio sostentamento o alla vendita, no. Con le persone coltivare vuol dire costruire una visione del lavoro e del tempo che sia reale e allo stesso tempo nuova.
Sì perché credo che ci stiamo disabituando un po’ al valore delle persone, in qualsiasi ambito, e qualche volta dimentichiamo che coltivarle con la giusta pazienza sia un valore a cui non rinunciare mai.
Forse non si pensa così spesso all’idea che le persone vadano coltivate: sul lavoro, in amicizia, nelle relazioni. Siamo ancora schiavi del mordi e fuggi? Forse ci trasciniamo dietro questa velocità di consumo delle cose e delle persone, ma ci stiamo risvegliando.
Quando si parla di persone al lavoro si usa a volte un termine tremendo: fidelizzare. Quando sento questo verbo penso al cagnolino Fido e immagino la persona fidelizzata come un cane fedele che fa tutto ciò che gli chiedi senza controbattere.
Ma a chi davvero piace una società impostata così?

Cristiano mi ha ricordato che nelle persone con cui lavori resta di te un ricordo, una frase, quello che hai rappresentato per loro e che loro sono state per te, resta il bello che si è condiviso insieme e a volte anche le esperienze negative. Resta soprattutto l’essenza di quel che si è fatto e la bellezza di fare qualcosa di bello senza aver paura di dire che per quei progetti belli c’è stato anche un guadagno.
Non conosco Cristiano di persona, se non da un paio di scambi telefonici tra cui quello di questa intervista. Però da ciò che Cristiano scrive e dal modo in cui si racconta si capisce quanto contino per lui la pazienza ma anche la consapevolezza dei tanti scopi del lavoro e di come raggiungerli (guadagnare, collaborare, fare cose belle, costruire scambi soddisfacenti, imparare).

Grazie a Cristiano per il tempo che mi ha regalato in un tempo di vita in cui ci sembra sempre di averne sempre poco! Siamo stati più di un’ora al telefono.

Parlando con Cristiano son venute fuori riflessioni impreviste che da un scambio scritto forse non sarebbero mai scaturite tutte.
Io prediligo la scrittura, ma solo per la paura di dire cose sbagliate, e questo è stato per me un esercizio interessante e un’occasione per riconoscere anche il mio modo di intendere il lavoro.

Cristiano fa ciò in cui crede e vuole realizzare il funnel of love, un vortice di buone sensazioni e bei progetti che investe le sue attività professionali e che sia fonte di guadagno ma anche motivo di orgoglio. Pensare alla crescita dei collaboratori, alla soddisfazione di chi accetta di entrare nel funnel, fare cose belle e utili, costruire.
In fondo non è da tutto questo che deriva la vera soddisfazione per quel che si è seminato e si continua a seminare?

Non penso che nella vita si debba per forza voler somigliare a qualcuno, ma credo che sia importante conoscere un po’ meglio persone dalle quali poter trarre ispirazione.
Per me è stato così in questa intervista, e spero che anche per chi l’ha letta sia stato così.

Alla prossima!

 

 

Laura Ressa

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Le foto de La Masterclass 2019 inserite nel testo sono tratte dalla pagina Facebook de La Content.
Copertina: Cristiano Carriero durante La Masterclass 2019

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti