Non potevo desiderare regalo migliore per la giornata internazionale della donna: Rosy Russo ha risposto ad alcune mie domande sul progetto Parole O_Stili e il risultato è questa intervista per riflettere sul futuro della comunicazione.
Sono felice che Rosy abbia accettato di donarmi un po’ del suo tempo per riflettere insieme.


1) A poco più di due settimane dall’evento Parole O_Stili quali sono stati i primi riscontri? Senti che la partecipazione è stata realmente sentita anche da parte di chi non era presente fisicamente a Trieste?

“Quando la scorsa estate ho pensato a un progetto di sensibilizzazione sull’ostilità nelle parole che potesse coinvolgere un pubblico ampio, non avrei mai pensato di raggiungere così tante persone.
Solamente negli ultimi due mesi, oltre 56mila utenti unici hanno visitato il sito di Parole O_Stili e abbiamo ricevuto centinaia di mail e di messaggi. Una partecipazione massiccia, che si è poi naturalmente tradotta in un evento che ha accolto oltre 700 persone durante la prima giornata dei lavori e un migliaio il giorno successivo, provenienti da tutta Italia. L’evento ha avuto un bel seguito anche in streaming, sui canali di Parole O_Stili e su CorriereTV, che ha rilanciato la prima giornata dei lavori.
Se guardiamo anche solo all’attività generata su Twitter durante i due giorni dell’evento, abbiamo coinvolto quasi 10mila persone, con una potential reach complessiva di 12,1 milioni di contatti. Numeri importanti che, se aggiunti ai riscontri molto positivi di istituzioni, sponsor, relatori e partecipanti, sono un’iniezione di fiducia che mi fanno guardare con grande ottimismo alle prossime tappe del progetto.”


2) Quando ti è capitato di ricevere e di usare parole ostili? Ti va di raccontare un aneddoto?

“Un esempio che ricordo chiaramente è stato quando da neo-iscritta su Facebook ho iniziato a postare i miei primi contenuti.
Un giorno, distrattamente, ho commesso un grossolano errore grammaticale. Una svista, come può accadere a chiunque. Nel giro di poche ore sono stata sommersa da una valanga di commenti derisori, che non avevano alcuno scopo se non quello di provocare una mia reazione. D’istinto avrei voluto rispondere a tono, poi in realtà ho capito che non ne valeva la pena. E allora ho atteso, per poi spiazzare tutti con l’ironia. E ho scritto: scusatemi, ho tanto bisogno di ferie


3) Cosa rappresenta per te l’ostilità?

“Dare una definizione di ostilità non è semplice, così come non è sempre immediato riconoscerla quando la incontriamo.
Per me l’ostilità è quella distanza che si genera ogni volta che personalizziamo in modo bieco, attaccando le persone invece che discutendo sulle idee che esprimono.
Se andiamo nel campo più specifico dell’ostilità verbale, la definirei come la non accettazione dell’altro (o delle sue idee) attraverso l’utilizzo di linguaggi che risultano offensivi per la sensibilità di chi è esposto al nostro messaggio.”


4) Il tuo progetto nasce come un invito a usare le parole ponderandole prima di esprimerle: secondo te qual è l’ingrediente per convincere gli altri e noi stessi che l’ostilità costa più fatica della non ostilità?

“Credo sia vero il contrario: è molto più facile esprimere ostilità che sforzarsi di scegliere le parole con cura per non ferire il nostro interlocutore.
Si tratta però di una ostilità che non giova a nessuno, perché chiude il dialogo e alza una barriera tra gli interlocutori.
Credo invece che sia estremamente importante lavorare, prima di tutto a livello personale, per provare a invertire questa inclinazione che tutti noi avvertiamo quando si alzano i toni. E che esprime invece una difficoltà, un disagio.
In alcuni casi è un’ostilità creata ad arte, ma questo è un altro discorso.”

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5) Esistono forme di ostilità di cui non siamo consapevoli secondo te?

“Sì, assolutamente. Penso ad esempio al modo in cui manipoliamo i numeri, dandone una lettura che mira a distorcere la percezione di chi ci ascolta. Ma penso anche a tutti quei bias cognitivi che attivano reazioni emotive.
Banalmente: preferiresti uno yogurt magro al 95% o uno yogurt con il 5% di grassi?
Ecco, questo per me è un messaggio ostile che il nostro interlocutore riceve inconsapevolmente. E che anche per questo è molto difficile da individuare.”


6) Credo che l’ostilità venga molto spesso usata anche come pretesto per fare self-marketing. Parlo di personaggi che possono incappare nell’errore di usare l’ostilità altrui come strumento pubblicitario.

Cosa ne pensi?

“È uno stile che in alcuni casi paga – e anche molto bene – nel breve periodo ma che non lascia alcun contributo costruttivo di pensiero.
Sulla lunga distanza non è sostenibile, a meno che non si accetti di svendere la propria identità creando un personaggio connotato in quel modo. Ma sinceramente non è uno stile che condivido e credo che alla lunga, forse, possa diventare prevedibile e noioso sia per questi personaggi che per il loro pubblico.”

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Nota a margine
“Qualcosa di inaspettato, una gentilezza, un grande onore” così Rosy Russo ha descritto la sua esperienza con Parole O_Stili in questo post.
Allo stesso modo, anche le sue risposte a queste domande hanno rappresentato per me una gentilezza e un grande onore.

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                                                          Per approfondire: www.paroleostili.com

Laura Ressa

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Copertina: Photo by Jason Rosewell on Unsplash

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti