
“Domandare è lecito, rispondere è cortesia” – dice un detto antico ancora valido.
Penso che questo sia un principio fondamentale da stampare in ogni ufficio di comunicazione o nello studio di qualsiasi professionista che faccia questo di mestiere. Non vorrei essere fraintesa, questa regola in realtà vale per tutti: secondo me nessuno dovrebbe sentirsi esentato dal seguirla. Ci sono tuttavia situazioni in cui vale ancora di più ed è il caso, appunto, dei professionisti della comunicazione.
Chi lavora per migliorare la comunicazione delle aziende o progetta corsi formativi, gestisce un’agenzia di comunicazione o per la propria professione è a continuo contatto con potenziali clienti, anche persone e non solo aziende, saper comunicare con gli individui è fondamentale. Così come è fondamentale rispondere a una domanda o a una richiesta, naturalmente a patto che questa domanda sia posta in maniera gentile e corretta.
Negli ultimi anni, anche per via delle interviste che ho realizzato sul mio blog, ho scoperto nuovi aspetti della comunicazione con le persone, molte buone prassi, tanti bravi professionisti che stimo e che poi ho scelto di seguire. Di contro, e per fortuna non sono casi così frequenti, mi sono trovata anche di fronte a muri di gomma, a professionisti che vantano a volte anche un certo riconoscimento nel settore e che, però, sembrano restii a rispondere a contatti che non siano prettamente “commerciali”. Non so se intendere in questo modo la questione sia corretto, ma quel che voglio dire è che in certi casi mi è sembrato di avere di fronte persone interessate a rispondere solo se il contatto proviene (via email, via messaggio LinkedIn, via messaggio Facebook) da nomi noti o da aziende. Mi rifiuto di pensare che non utilizzino affatto la messaggistica.
Le mie restano supposizioni ovviamente. Non posso sapere cosa passa nella testa di una persona, magari ha avuto una giornata difficile e si è dimenticata del mio messaggio. Del resto chi sono io per pretendere sempre e comunque una risposta? Beh, non è tanto vero questo. Sono una persona che pone educatamente una domanda o una richiesta, e solitamente la richiesta nella fattispecie riguarda spesso la proposta di un’intervista per il blog. Una richiesta formulata sempre esprimendo stima, con educazione e rispetto. Senza appunto la pretesta che la risposta sia un “sì” ma con la speranza, questo sì, che almeno una risposta arrivi prima o poi.
Posto che non do per scontato che chiunque debba accettare, quindi, una mia proposta di intervista, mi aspetto però che soprattutto chi nella vita si occupa di comunicazione perlomeno risponda “no” oppure “sì”.
Ho fatto un esperimento. In un paio di casi (quelli delle risposte mancate) mi è capitato di provare a stabilire un contatto con la persona che volevo intervistare scrivendo via messaggio Facebook e successivamente via messaggio LinkedIn. Su entrambi i mezzi, la risposta non è mai arrivata. Eppure si tratta di persone perennemente connesse e attive sui social network, e soprattutto si tratta di persone che fanno della comunicazione un punto di forza della propria professione.
Ecco, è proprio lì che fai la differenza secondo me: nel come tratti gli altri. Cosa è successo in seguito alle mancate risposte? Ho smesso di seguire i contenuti di queste persone, non per dispetto ma perché nel frattempo non li trovavo neanche più in linea con i miei interessi. Sto valutando di disiscrivermi anche dalle relative newsletter e penso che lo farò a breve. Non valuto più come un’opzione neanche la possibilità di iscrivermi un giorno ai loro corsi, ad esempio. E questo non perché ragiono per antipatie o favori, ma perché valuto un professionista soprattutto dal suo modo di approcciarsi con le persone. Sia che si tratti dei suoi collaboratori, sia che si tratti di potenziali clienti, sia che si tratti di altre persone più in generale.

Cosa hanno perso loro? Non moltissimo, in effetti, a meno che non facciano così con tutti quelli che gli pongono una domanda. Di certo hanno perso la possibilità di avere me come cliente dei loro servizi o dei loro corsi di formazione, perché in definitiva se fai comunicazione di mestiere non puoi non saper comunicare con le persone. Magari quelle persone ti sembrano insignificanti o poco utili ai tuoi scopi in quel momento, e invece non lo sono. E potrebbe essere utile sempre riportare alla mente il concetto del “tratta gli altri come vorresti essere trattato tu”.
Ogni persona con cui ti approcci, se sei intelligente, dovresti banalmente sapere che potrebbe anche tramutarsi in un guadagno e in un cliente proprio e anche in virtù del modo in cui la tratti. Le persone ricordano, le persone memorizzano, ricordano benissimo come le hai trattate e ricordano bene di quando hai fatto finta che non ti avessero chiesto nulla o di non aver controllato i messaggi. Attenzione però, parlo ovviamente di risposte non date e non di risposte negative. Sì, perché credo sia più ammirevole una risposta negativa sincera che una mancata risposta a prescindere.
Di contro nel tempo ho premiato, a mio modo e per quanto è nelle mie possibilità, le persone che con me si sono dimostrate disponibili e gentili. A seguito di quegli scambi di opinioni, telefonate, incontri dal vivo oppure online, ho imparato a comprendere la serietà ma soprattutto una consapevolezza radicata in questi professionisti: e cioè che tutti hanno dignità di ricevere una risposta.
In questo caso si tratta di furbizia? Non sempre. E non credo che le persone disponibili e gentili si comportino così solo pensando che un domani potranno intascare qualcosa. Io credo che la comunicazione debba essere anche un modus vivendi e non solo un manuale di comunicazione da vendere. Se sai scrivere di scrittura e comunicazione, ma poi non sai comunicare con tutti se non con il silenzio (in quanto fan forse del 1° assioma “Non si può non comunicare. […] Le parole, il silenzio o l’attività hanno valore di messaggio” della Scuola di Palo Alto), magari ti sfugge un tassello importante della comunicazione. No, non un tassello teorico da prontuario ma più attinente alla vita reale. Scusate, con questo non voglio mica dire che io invece ho studiato presso la Scuola della Vita, mi è solo stata insegnata sin da subito quella citazione che ho riportato in apertura (“domandare è lecito, rispondere è cortesia”) e sono stata educata alla gentilezza.
In definitiva, a maggior ragione se lavori nel campo della comunicazione, della scrittura, del copywriting, della formazione devi saper comunicare con le persone. Con tutti. Al contrario, se interfacciarti con gli altri non ti piace o reputi che sia più utile farlo solo con alcune persone e non con altre, dovresti rivalutare almeno una parte dei servizi che offri o degli argomenti di cui ti occupi e di cui cerchi di diventare guru o esperto del settore.
Persino Gianni Minà rispose tempo fa a un mio umile messaggio. Gli scrissi via Facebook, utilizzando la sua pagina, e sono abbastanza sicura che quella risposta non fosse farina del sacco di un social media manager o gestore di pagine.
Insomma, per dirla come mangio, se anche un grande del calibro di Minà ha avuto l’ardire di rispondere a una persona qualsiasi come me, non vedo perché non dovrebbe farlo un qualsiasi professionista della comunicazione.
Laura Ressa
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