La mia storia d’amore con la Piccola Scuola affonda le radici nell’agosto del 2020. Mi trovavo in vacanza in Umbria e avevo portato con me il computer per scrivere qualcosa: senza non so proprio stare.
Il mio primo manufatto narrativo in assoluto è nato tra le mura dell’albergo: si trattava del racconto dell’arte del maestro Raffaele Romanelli, fabbro e artista del ferro. La scintilla nacque da un’idea di Jepis Rivello e dal suo video su mastro Raffaele.
Quel piccolo nucleo di persone, nato come gruppo Facebook, nel tempo si è allargato accogliendo altre persone curiose e desiderose di creare storie di senso e manufatti narrativi che raccontassero persone, luoghi, situazioni, sensazioni, avvenimenti.
Qui su Frasivolanti vi ho raccontato spesso gli innesti narrativi nati dalla Piccola Scuola, gli incontri, le scintille che hanno preso forma. Nella Piccola Scuola ho conosciuto Silva Giromini e Angelo Sciaudone, Raffaele Romanelli e sua figlia Daniela. Grazie alla Piccola Scuola ho scoperto qualcosa in più anche di mia sorella Anna, che dopo un primo periodo di esperimenti ha deciso di unirsi al gruppo e di partecipare attivamente.

Ci siamo incontrati tante volte online per parlare, confrontarci e progettare i nostri manufatti. Sono nate storie incredibili e ognuno di noi ha portato la propria incredibile esperienza umana.
In un mondo che ci riempie la testa di “Academy”, trovare un luogo che si definisce “Piccola Scuola” sembra ed è una vera rarità, una sorgente d’acqua nel deserto, una pezza fredda sulla fronte che scotta, una borsa dell’acqua calda su una mano gelida. Un ristoro, insomma. Il rifugio in cui sai che sarai sempre accolto con cura, in punta di piedi, con autenticità e senza ansia da prestazione.

Ed è questo che ho trovato: autenticità, un concetto che sembra così scontato e normale ma che spesso facciamo davvero tanta fatica a rintracciare nelle vie della vita.

Oggi la Piccola Scuola Bottega è un luogo di aggregazione e conoscenza per artigiani del racconto. Ha preso una forma nuova, leggermente diversa dal passato ma sempre fedele ai suoi ideali e obiettivi.

I miei nuovi compagni di viaggio sono straordinari, una fonte inesauribile di spunti e vite che si intrecciano. Tanto è grande la stima per questo gruppo che quando devo parlare lo faccio sempre per ultima perché prima voglio lasciarmi ispirare da loro. Sono diventata meno avventata, spero non meno spontanea, ma in qualche modo più attenta a quello che dico e alle riflessioni che porto in questo gruppo. Non lo faccio per paura del giudizio ma per l’infinito rispetto che nutro nei confronti di chi dietro a questo progetto dedica ore e giorni di lavoro: e parlo di Jepis Rivello, Vincenzo Moretti e Nicola Chiacchio.

Adesso la Piccola Scuola è un vero e proprio percorso didattico e per quest’anno tutti gli esperimenti narrativi verteranno attorno al tema dell’Identità. Per cominciare a tessere le fila del discorso, siamo partiti da un argomento che si lega all’identità: il conflitto tra i molti sé che siamo.

Io e i miei compagni di Scuola siamo stati invitati a riflettere sui nostri conflitti interiori: li abbiamo sviscerati e li abbiamo messi sul piatto, pronti per essere modellati.
Il mio conflitto più grande è il sentirmi bambina in una realtà che mi vuole (e mi vede) adulta.

Ho sempre rifiutato l’idea del tempo come qualcosa di dinamico che va avanti e scorre anche senza il nostro consenso. Per me il tempo dovrebbe fermarsi a un certo punto e farci decidere a che velocità vogliamo andare: e invece purtroppo questo non lo possiamo fare.
Da dove deriva allora il conflitto interiore? Dalla percezione di mancato controllo sul tempo che passa e dalla convinzione di aver accumulato troppi rimpianti, troppe occasioni perse lungo la strada.
Proprio da qui deriva il mio conflitto, quello che mi vede combattuta tra il mio sentirmi bambina e il mio dover rispondere a certi canoni tipici dell’età adulta.

Jepis, Vincenzo e Nicola, dopo aver stimolato in noi la riflessione e il brainstorming, ci hanno invitato anche a scegliere lo strumento e il metodo attraverso cui avremmo voluto realizzare il manufatto narrativo sul tema del conflitto.
In principio ho avuto difficoltà ad entrare nel mio personale conflitto: non sapevo come rappresentarlo, come sviscerarlo, come raccontarlo. Non sapevo insomma da dove partire per dargli una forma e un aspetto di narrazione.
Così mi sono detta che avrei potuto fare qualcosa di diverso dal solito e ho cominciato a disegnare utilizzando la mia tavoletta grafica digitale. La prima scintilla è stata il disegno qui sotto: uno sfondo luminoso giallo e arancio su cui si diramano tanti ghirigori multicolore. Esprime la mia idea di libertà, lo spirito giocoso che mi aiuta nei momenti bui, l’entusiasmo di quando sono felice, il colore che irradia ogni cosa quando so che sono me stessa.

Dopo i ghirigori multicolore è stata la volta dei… volti!
In questo caso si è trattato più che altro di esperimenti grafici più che di vere e proprie sperimentazioni sul tema del conflitto. Volevo prendere familiarità con la tavoletta grafica e per farlo ho disegnato il volto del papà di Vincenzo Moretti, ispirata da questo post.

La sperimentazione narrativa è proseguita sempre sulla scia dell’amore per i volti e per i colori. Il mio istinto di bambina mi diceva che dovevo tornare ad abbracciare i colori e lasciare il bianco e nero. Così ho tratto ispirazione da foto e da disegni fatti da altri per realizzare questo volto sovrastato di sfumature e di folti capelli turchini. Anche in questo caso ho utilizzato i colori che prediligo, quelli caldi ma anche quelli un po’ più freddi.

Il viaggio nei colori è proseguito. Nel frattempo la mano si è fatta più esperta e avvezza alle forme e soprattutto agli occhi, quindi ho deciso di disegnare un occhio circondato da petali di fiori.
Il giallo è sempre dominante, il celeste ritorna e l’effetto multicolore anche. Ciò che ho amato di più di questo disegno è stata l’assoluta libertà con cui ho messo insieme colori e forme, senza ispirarmi a nulla ma solo a ciò che mi piace di più nella realtà: fiori, petali, stelle, occhi.

E veniamo all’influenza che i compagni della Piccola Scuola hanno avuto su di me.
Come vi raccontavo più sopra, seguire questo percorso didattico mi sta aprendo mente e cuore al nuovo, alle storie degli altri, alle loro emozioni, ai loro manufatti narrativi. Per questo primo esperimento la spinta più grande l’ho trovata in Sabrina Lettieri, che dopo gli incontri online mi ha rintracciata su Facebook per dirmi che era rimasta molto colpita dal racconto del mio conflitto e che in parte si era riconosciuta anche lei in esso.
Sabrina è un’artigiana del racconto, un’artista che realizza bambole incredibili, capaci di raccontare le storie delle persone che rappresentano.
Dal suo sguardo attento sono stata ispirata tantissimo, al punto che ho deciso di provare a disegnare due delle sue bambole: un po’ come segno di riconoscenza nei suoi confronti e un po’ perché quando ero bambina mi piaceva giocare con le bambole. Ecco qui sotto il risultato.

Ed eccomi giunta quasi al termine del mio processo di creazione di senso.
Per lo step finale di realizzazione del primo manufatto narrativo mi sono molto più concentrata sul conflitto in sé, sul conflitto che vivo ogni giorno. Ho preso in mano la penna e la mia tavoletta, e ho cominciato a viaggiare sul foglio digitale valicando idealmente molte tappe della mia vita, cercando di mettere in ordine le cose che per me più contano o che mi rappresentano.
Ne è venuto fuori il disegno che vedete qui sotto: un tripudio di colori su pergamena, sfondo giallo e incipit di una fiaba. C’era una volta e c’è ancora una bambina nata nell’aprile del 1986 e mai cresciuta davvero. Sono io e amo scrivere, disegnare e sognare per restare bambina ancora un po’, per non svegliarmi un giorno e accorgermi che il mio tempo è già scaduto.


Se il penultimo disegno lasciava presagire un finale ovvio, questo ultimo manufatto narrativo (quello definitivo o quasi) apre le possibilità, riapre di nuovo tutte le porte.
Al centro di un fiore giallo e arancio c’è un pianeta rosa. Ai lati una clessidra, delle note musicali e le parole di una canzone che amo molto e che si intitola “A prescindere da me” (lo stesso nome che poi ho dato al manufatto).
Che senso ha tutto questo? Ha il senso di una canzone che mi risuona in testa da tempo, ha il senso di un tempo che devo imparare a misurare, ha il senso della memoria del passato e della prospettiva attuale e futura, ugualmente degne di essere vissute e non meno importanti della memoria.

Ecco il testo della canzone di Niccolò Fabi:

“La strada si fa stretta
Ed è più stretta ad ogni giro di lancette
E perché estuario e non un delta
Questa strada alla fine non dà scelta
Alla fine non c’è scelta
E l’itinerario umano non prevede alcun ritorno
Ma un’andata un anno come un giorno
Solo sabbia colorata
Nell’ampolla sottostante della mia clessidra
Il tempo non si sfida
Il tempo non si sfida
Tu muoviti per sempre pigramente
Si muore nel rigore
Nel movimento assente
Nel pensiero senza amore
E io è di questo che ho paura
Perché quando mi fermo
È arrivata la mia ora
Non è finita, non è finita
Può sembrare ma la vita non è finita
Basta avere una memoria ed una prospettiva
A prescindere dal tempo
Non è finita, non è finita
Nonostante tutto il male non è finita
Fino a quando ho una memoria ed una prospettiva
A prescindere dal tempo, a prescindere da tutto
A prescindere da me
Chi tace non è vero che acconsente
È solamente che il rifiuto non sempre trova le parole
Anche io modestamente non capisco ma resisto
E ammutolisco dal disgusto
Ma cosa centrerò mai io con tutto questo?
Cosa centrerò mai io con tutto questo?
Comandanti fateci il piacere
E se prendete decisioni decisive sulle nostre vite
Fatelo soltanto nel momento successivo a un vostro orgasmo
Grazie a quell’attimo di pace
Avremmo un mondo senza rabbia
Un mondo senza guerra
Non è finita non è finita
Può sembrare ma la vita non è finita
Basta avere una memoria ed una prospettiva
A prescindere dal tempo
Non è finita non è finita
Nonostante tutto il male non è finita
Fino a quando ho una memoria ed una prospettiva
A prescindere dal tempo, a prescindere da tutto
A prescindere da me”

Laura Ressa

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Copertina: il mio primo manufatto narrativo nella Piccola Scuola Bottega

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti