
Il 30 Aprile 2020 si svolgerà la 7° edizione della Notte del Lavoro Narrato.
Come scrive Vincenzo Moretti (che questa Notte l’ha ideata):
“La nostra Notte non è un evento, non bisogna riempire lo stadio né la palestra, si può partecipare in 10 e anche in 2.
La nostra notte è l’incontro di persone che hanno una storia di lavoro da narrare, da leggere, da cantare, da ascoltare, perciò l’importante è esserci, solo questo.”
Per l’edizione 2020, come ogni anno, la notte del lavoro narrato si svolgerà in vari luoghi e dietro iniziativa libera di chiunque voglia farlo.
Se vuoi partecipare, scrivi a Vincenzo all’indirizzo partecipa@lavorobenfatto.org.
Qui ti racconto cosa voglio realizzare quest’anno per la mia terza partecipazione alla Notte del Lavoro Narrato nella mia città, Bari.
Ti parlo della mia chiamata alle arti e del perché vorrei che tu che stai leggendo partecipassi alla “notte” barese che si svolgerà il 30 Aprile alle 18.30 da Portineria 21, un luogo che profuma di libri e di caffè con il cornetto, un luogo permeato dell’arte di far bene le cose e di reinventare il proprio lavoro e la propria vocazione.
Perché dovresti esserci il 30 Aprile?
Per prima cosa per farti raccontare da Mara Chiarelli, che quel posto l’ha voluto e fondato, la sua storia e il suo passaggio da una lunga carriera di giornalista di cronaca nera al sogno di aprire Portineria 21.
Oggi Mara nel suo caffè letterario non offre solo ristoro per il corpo e la vista in quelle mura familiari e colorate, ma dà anche l’ospitalità di un luogo in cui incontri letterari e musica si gustano tra i profumi e i suoni di deliziose bevande e buon cibo. Per accontentare il palato, la mente, ma anche l’immaginazione.
Mara è stata una delle belle scoperte che hanno arricchito il mio percorso negli ultimi mesi.
E di certo è un esempio di cosa voglia dire ripartire daccapo, lavorare per realizzare il proprio sogno, lasciare la via già percorsa per trasformarla, cambiare rotta restando però fedeli a se stessi.
Cambiare è sempre un coraggioso salto nel buio e non è vero che puoi farlo solo se hai determinate certezze che ti coprono le spalle. A volte le vicende della vita ti mettono di fronte a una scelta da fare in fretta, e tu devi essere in grado di prenderla quella scelta e di attraversare il corso degli eventi.
A quanti di noi è capitato nel lavoro di chiederci se valesse la pena inseguire un sogno o anche soltanto tener fede all’ideale di lavorare bene perché è quello l’unico modo sensato di lavorare.
Il lavoro per me è un diritto e un dovere verso la società, ma il lavoro non è solo quello che ti dà il pane o la cifra corrisposta in busta paga. Lavoro è anche l’arte di coltivare hobby, passioni, capacità, vocazioni. Lavoro è un concetto che va ben oltre la possibilità di permettersi beni di lusso o semplicemente di sopravvivere.
Il termine “lavoro” merita quindi una definizione più alta che tutti dovremmo imparare a dare a questo termine: un po’ per rispetto verso chi il lavoro rischia di perderlo, un po’ per rispetto verso le persone che ancora oggi lottano per ottenerlo un lavoro.
Lavorare è anche un’arte. L’arte di decidere che traccia vuoi lasciare agli altri e quale messaggio scrivi sulla parete del tempo attraverso le tue azioni, il tuo modo di comportarti con le persone, il tuo modo di essere attore della tua contemporaneità.

A cosa serve parlare di lavoro durante la Notte del Lavoro Narrato?
Serve per capire insieme cosa rappresenta il lavoro nella nostra vita e nei nostri luoghi, in ogni sua forma.
Serve per guardarci negli occhi, e raccontarci le nostre storie. Serve per vedere il lavoro nel caleidoscopio delle possibilità, della prospettiva, della bellezza, della direzione che diamo alle nostre azioni e della scelta di far bene le cose perché farle bene è utile e conviene a tutti.
L’arte di far bene le cose è nel nostro DNA e ci racconta la nostra genetica
Lo percepisco negli occhi luminosi di chi mi racconta una propria passione: l’arte di far bene le cose migliora la nostra vita. No, non è roba da guru motivazionali: ogni cosa che facciamo parla di noi esattamente come il modo in cui lo facciamo. Come la genetica e la storia da cui proveniamo.

Non siamo i nostri ruoli, e se qualcuno ci chiede che lavoro facciamo non dobbiamo partire dal presupposto che le persone siano incasellabili in compartimenti stagni come in certe gerarchie aziendali.
Dobbiamo immaginare i mestieri, le nostre nonne che dopo una vita di lavoro passavano le giornate a lavorare la lana ai ferri, i nostri nonni che ci mostravano le mani ruvide e ci raccontavano la loro vita o le vicende della guerra. Dobbiamo immaginarci il barista sotto casa che ci racconta cosa fa nel tempo libero, o il collega che dopo il lavoro svolge attività di volontariato. Dobbiamo immaginarci chi va a pesca con il gommone o fa pesca subacquea, chi innaffia con costanza il proprio orto, chi prepara da mangiare, chi rammenda i nostri pantaloni, chi ci lascia in eredità un fiore da chiudere tra le pagine o una vita da mandare avanti, chi di notte scrive il proprio libro e non sa se mai lo pubblicherà.
Dobbiamo immaginarci il calzolaio a cui portiamo le scarpe e le borse da aggiustare o il fruttivendolo con la passione per la pittura. Dobbiamo immaginarci l’insegnante che colleziona francobolli, legge manuali di bricolage, porta gli studenti a dare il meglio o inventa un modo nuovo per appendere le foto alle pareti di casa.
Dobbiamo immaginare noi stessi, ogni volta che una passione ci infiamma o che nel nostro lavoro troviamo la ragione per far meglio, per perseguire con dignità il nostro percorso anche quando intorno ci sembra che la prassi comune sia fare il minimo sindacale.
Dobbiamo infine immaginare tutte le persone che ci raccontano le loro storie, quelle vicine come quelle che non conosciamo bene. Ogni storia fa brillare la nostra vista, come accade a me quando ascolto Natale e i suoi racconti di panettiere o Franco quando mi spiega con dovizia di particolari le sue tecniche di pesca.
Chiamata alle arti:
Venite a raccontare la vostra storia, artisti del lavoro ben fatto!
Sì, vale ancora la pena farlo e lo ribadisco.
La mia parola e la mia voce le riverso nella scrittura e questa scrittura la uso come attrezzo da artigiana, come la tavolozza di una pittrice, come lo scalpello di una scultrice, come gli attrezzi del piastrellista, come la cassetta degli strumenti del manovale, come le mani di una lavapiatti, come fossi leader di questo o quel team, come fossi un’operaia di catena di montaggio che ogni mattina si sveglia all’alba.
Questa scrittura è l’arma che ho scelto e voglio usarla per gridare con forza che il lavoro di tutti ha senso, sia che si tratti di portare il pane a casa sia che si tratti di passioni per dare nutrimento al proprio essere.

Ogni lavoro ha senso, e ha dignità.
Ogni lavoro fatto con senso e dignità merita di essere un diritto e merita di essere ben fatto.
Realizzato con amore e meticolosità come le grandi opere che ammiriamo nei musei, ma anche come i piccoli gesti che compiamo ogni giorno e che messi insieme danno forma a un’opera d’arte.
Far bene le cose è un atto d’amore verso noi stessi, il gesto armonico realizzato da mani che si muovono per creare qualcosa di nuovo.
Può essere il gesto racchiuso nelle dita che si muovono tra l’amo e la canna da pesca o che sistemano la frutta nelle cassette per la vendita al mercato, o può essere la mano del panettiere che prepara l’impasto da infornare per avere il pane fresco al mattino.
Per la Notte del Lavoro Narrato voglio far parlare le persone. Nessuna azienda ma artigiani, gente comune, appassionati coltivatori di bellezza che portano nel proprio lavoro una parte di sé oppure che vorrebbero cambiare qualcosa del lavoro che svolgono.
Questa è la mia “chiamata alle arti”. Venite a parlare della vostra esperienza.
La nostra Notte si svolgerà il 30 Aprile da Portineria 21 alle 18.30.
Questo è l’articolo che Vincenzo Moretti ha dedicato alla Notte del Lavoro Narrato 2020.
Su Frasivolanti ho già scritto molto sull’argomento, se ti va puoi dare un’occhiata:
#LavoroNarrato – È tempo di fare bene le cose perché è così che si fa
Notte del Lavoro Narrato 2019 – Premessa, Promessa, Scommessa
“Quando ero bambino…” – Appartenenza e identità nella nostra Notte del Lavoro Narrato
Vi aspetto il 30 Aprile.
Per partecipare raccontando la vostra esperienza, potete scrivermi qui nei commenti o nell’evento Facebook che creerò nei prossimi giorni per darvi aggiornamenti.
Laura Ressa
frasivolanti di frasivolanti.wordpress.com/ è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Copertina: immagine tratta da Unsplash e modificata
[…] del Lavoro NarratoE qualcosa del Lavoro Narrato 2019 rimane tra le parole Credibilità e Gioco Notte del Lavoro Narrato 2020 – Chiamata alle arti per gli artisti del lavoro ben fatto Notte del Lavoro Narrato 2020 – I protagonistiNotte del Lavoro Narrato 2020 – Storie semplici e […]