Luca Pagliara

Luca Pagliara è Brand Designer, aiuta le aziende a costruire la loro identità visiva online e offline. Classe ’89, pugliese, creativo, con la passione per le scatole vintage, la fotografia e… le mongolfiere (scoprirete perché) e una mongolfiera in particolare tatuata sull’avambraccio.
Di sé su LinkedIn scrive: “Sperimento, leggo, approfondisco, ascolto, osservo. Faccio della comunicazione il mio lavoro, la mia passione, il mio modo di essere. […] Credo che il vero valore della conoscenza sia la condivisione, imparo e sento l’esigenza di condividere questo sapere con gli altri.”
Con lui ho cercato di scandagliare cos’è la creatività, come si costruisce una comunicazione efficace, cosa vogliono vedere le persone nella comunicazione dei brand, quali valori sono imprescindibili per lavorare bene in team. Non perdetevi le parole di Luca in questa intervista!


1) Parliamo di Brand strategy e partiamo dalla tua professione di brand designer e consulente di strategie digitali.
Nel sito della tua agenzia di comunicazione The Brand Identity hai scritto: “Una mongolfiera che vola nel cielo è riconosciuta da tutti come simbolo di leggerezza. Quello che le ha permesso di alzarsi in volo, però, è la solidità della sua struttura e la precisione del suo funzionamento.
È così anche per la comunicazione: per far volare in alto l’immagine di un’azienda sono necessari creatività e strategia.

Il tuo lavoro riguarda la “digital strategy” e i servizi del tuo network di professionisti vertono attorno a comunicazione e marketing per “far volare in alto” le aziende che si affidano a voi.

Come si costruisce una comunicazione efficace?

Ovviamente come brand designer mi occupo di “tradurre” attraverso grafica e immagini un’azienda. Parliamo di un processo complesso fatto di analisi e progettazione ma soprattutto di ascolto del cliente e delle sue esigenze. Prima di progettare una nuova identità visiva chiedo: qual è la visione del tuo brand in futuro? Ecco come si costruisce una comunicazione efficace: attraverso una strategia che non parta dalle immagini ma dai valori e dalla storia che ogni brand racconta. Per dovere di cronaca devo però specificare che The Brand Identity non è un’agenzia ma uno studio di comunicazione dove io e una rete di collaboratori indipendenti siamo uniti in un unico obiettivo: far volare in alto il brand.

Luca Pagliara

2) Cosa significa per te “creatività” e come hai sviluppato la passione per il tuo settore professionale?

Solitamente si associa questo termine alla capacità cognitiva della mente di creare e inventare. Per me la creatività è un lusso. Il lusso di poter chiudere gli occhi, immaginare qualcosa e poi vederla realizzata, indipendente dal contesto lavorativo. Si può essere creativi anche in coda al supermercato. Credo proprio che da bambino, nel supermercato del mio quartiere, ho iniziato a osservare i packaging e display pubblicitari e a desiderarli. Ecco, credo che quello sia stato il seme della mia fame creativa.

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3) La comunicazione è cambiata molto rispetto a qualche decennio fa.
I nuovi strumenti digitali secondo te hanno contribuito a modificare le esigenze di clienti e consumatori oppure sono le nuove esigenze ad aver orientato il tipo di comunicazione utilizzata per attrarli? Esiste un valore intrinseco della comunicazione o IL messaggio per antonomasia che non passerà mai di moda a prescindere dagli strumenti usati?

Credo che quello che non passerà mai di moda è la coerenza: oggi è importante avere un feed instagram coerente con il brand tanto quanto sia importante risultare coerente nei packaging aziendali. Negli ultimi anni, nella comunicazione, ci si è affannati nel traslare tutta l’identità grafica nell’universo digitale, ma oggi è diverso, le manifestazioni visual del brand spesso nascono online per poi essere adattate. Basti pensare che oggi il 98% delle persone interagisce con un brand tramite mobile, per rendere l’idea.

4) Parlando del tuo lavoro, hai detto che “un logo non è solo un’immagine ma è parte di una storia”. Quindi ti chiedo: che valore ha per te un’immagine? In questo caso non parlo solo di brand ma di qualcosa da vedere, in generale, che può essere una foto, un quadro o una vetrina per strada. Esiste per te un concetto universale di bellezza o di efficacia di quel che si può osservare? Oppure ciò che appare assume valore non tanto in termini di canoni estetici ma per il significato che trasmette? E infine quindi ti chiedo: Bellezza e Significato vanno sempre insieme o possono anche esprimersi in maniera indipendente l’una dall’altro?

La comunicazione visuale è un ottimo canale persuasivo e ha un processo di memorizzazione molto più veloce rispetto a quello testuale, ecco perchè nei miei lavori l’immagine ha sempre un ruolo fondamentale nella trasmissione di un messaggio. L’impatto visivo di una foto, di un’infografica o di un logo può essere molto potente nell’immaginario di chi la osserva, a prescindere dalla sua bellezza. Però se Bellezza e Significato camminano mano nella mano in una narrazione visiva, a mio parere, creano realmente la “coppia perfetta”.

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5) Cosa vuol dire per te mettere attorno a un tavolo tante professionalità e tipi di creatività diverse quando devi sviluppare un progetto in “The Brand Identity”? Come si gestisce un buon lavoro di squadra?

Lavorare in team è, secondo me, alla base del successo aziendale. Mi piace circondarmi e affidarmi alle eccellenze digitali del nostro territorio. Quando ho creato The Brand Identity volevo creare la linea di confine tra il mondo freelance e il mondo delle agenzie di comunicazione. Un buon lavoro di squadra si costruisce scegliendo uno per uno i propri partner indipendenti e questo è un processo molto faticoso. Io sono tra coloro che hanno creduto fin dall’inizio in un approccio orientato al lungo periodo. È questa la ricetta per un team vincente: empatia e pazienza.

6) Come va gestita secondo te la comunicazione in momenti di incertezza ed emergenza come quello che stiamo attraversando a seguito del Covid-19? Cosa fa la differenza tra una comunicazione fatta bene e una che palesemente punta solo al ritorno economico senza lasciare altro significato in chi la riceve?

In questo momento credo che i Brand abbiano una grande opportunità: infondere fiducia comunicando messaggi autentici e positivi. Questo non significa non continuare a vendere ma dare anche consigli utili e pratici agli utenti. Questa diventa un’azione necessaria soprattutto se coerente con l’attività svolta.

7) Condividi spesso online le foto della tua collezione di scatole vintage. Devi sapere che questa è una passione che ci accomuna, io però ho pochissimi pezzi e mi piacciono principalmente le scatole in latta anche non vintage.
Come mai hai sviluppato questa passione per il collezionismo di scatole? E perché prediligi quelle vintage? Ho idea che questo abbia a che fare anche con il tuo lavoro.

Da sempre penso che nel passato ci sia la giusta ricetta per affrontare al meglio il futuro, ecco perché spesso nei miei progetti mi sono lasciato ispirare dalle forme e dai colori d’antan. L’estetica del vintage e la cura nei dettagli mi hanno fatto innamorare delle vecchie scatole di latta perché con la loro immediatezza riuscivano, non solo, a comunicare il prodotto ma a farne innamorare.

8) Tu sei anche il papà di Half and Half project. Si tratta di una collezione di foto la cui particolarità è quella di accostare le metà di due differenti oggetti, ambientazioni o persone. Come ti è venuta l’idea e cosa cerchi di trasmettere attraverso il parallelismo nelle immagini?

Penso che la creatività si sprigioni non tanto quando ti trovi davanti ad una tela bianca e puoi fare quello che vuoi ma quando hai dei paletti, per esempio: la foto dev’essere divisa a metà, ora divertiti! Half and Half Project nasce durante un viaggio mentre, fermo alla fermata del treno, osservavo le linee parallele dei binari. “Parallel lines meet together in our minds” ecco come nasce il payoff di questo progetto, mi è subito piaciuta l’idea che due metà diverse potessero combaciare perfettamente, come se si stessero baciando. Ad oggi, l’hashtag #halfandhalfproject è stato usato più di 20.000 volte in ogni parte del mondo.

9) Sbirciando il tuo profilo Instagram è impossibile non soffermarsi sulle foto che scatti alle antiche insegne della tua città, Bari. Da dove nasce la voglia di fotografare il passato? Mi sembra che tu abbia molta sensibilità non solo per l’aspetto estetico delle cose ma anche per il significato del passato e di ciò che, nonostante il tempo, assume un valore storico da custodire perché ci parla di squarci di vita della città.
A questo proposito vorrei chiederti: che rapporto hai con Bari?

Diciamo che questo mio grande amore per la mobile photography e per la mia città mi ha portato, nel 2019, a diventare Community Manager di @igersBari: una delle avventure più belle della mia vita extralavorativa, uno dei miei progetti paralleli a cui tengo maggiormente e di cui sono orgoglioso. Poter raccontare Bari attraverso le immagini e con l’aiuto della mia community è un vero onore, lo reputo un grande privilegio. Scattare una foto mi emoziona e per emozionarsi servono le storie, quelle che ogni mia foto racconta.

10) Quali sono per te i valori imprescindibili del lavoro e chi te li ha trasmessi?

Lo dico spesso e non mi annoio mai di ripeterlo: sono empatico e penso che questo valore sia la base per poter collaborare con me. Questo ovviamente diventa un limite, sono troppo spesso un fiume di emozioni. Non penso che determinati valori si possano trasmettere ma penso che si possa coltivare una sorta di “orto valoriale” nel percorso della vita. Nel mio hanno messo radici profonde da sempre: rispetto e trasparenza.

11) Per concludere vorrei chiederti: hai mai pensato o immaginato di fare un lavoro diverso da quello che fai oggi? Quale?

Assolutamente sì, da sempre sono stato attratto dai profumi di un mestiere quasi scomparso: il cartolaio! Se un giorno avrò la possibilità mi piacerebbe aprire una piccola cartoleria piena di articoli vintage, magari con una zona dedicata al design e un angolo bar! Sarebbe il rifugio perfetto per un “giovane-vecchio” come me.


Le cose che abbiamo in comune io e Luca sono tante. La città prima di tutto: Bari. La passione per le scatole di latta e l’amore per i profumi delle cartolerie, e poi l’età più o meno: anche se lui è dell’89 e io dell’86.
Apparteniamo alla stessa generazione, però, quella che di sicuro ha visto miliardi di volte la giostra del trenino in Piazza Diaz a Bari, la stessa giostra che Luca ha immortalato in una foto e che si trova proprio di fronte al nostro lungomare. Ancora oggi che ho 34 anni mia madre, quando ci passiamo davanti, ogni volta dice “ti ricordi quando volevi andare sempre su quel trenino?”
Sì, era la mia giostra preferita anche se la più lenta e apparentemente la più monotona. Che “priscio” c’è – potreste pensare – a salire su una giostra che riproduce esattamente un mezzo vero senza essere quello vero?
Forse – cerco di giustificarmi – è con la mente che bisogna imparare a viaggiare, prima ancora che su vere rotaie, prima ancora che su strade spericolate, o su montagne russe adrenaliniche o su tazzine impazzite che girano vorticosamente seguendo moti di rotazione e rivoluzione.

Quando Luca ha preso la sua mongolfiera e ci è salito a bordo ha scelto il suo mezzo di trasporto, che come immaginerete è prima di tutto un mezzo della mente e poi una perfetta metafora lavorativa e di vita.
Ogni volta che qualcuno accetta di rispondere alle mie domande, mi sento come su una giostra con la possibilità di sedermi a ogni giro su un sedile diverso, osservando per qualche minuto dalla prospettiva del mio compagno di giostra.
Io e Luca apparteniamo alla stessa generazione. Quella che ha ereditato il peggio dal passato, che non ha avuto molto tempo e modo di capire che quegli “ice cream castles in the air” – per dirla alla Joni Mitchell – che vedevamo nel cielo coprivano in realtà una coltre di nebbia che avanzava fitta verso di noi.

Luca a quella nebbia ha risposto con i colori, cercando di vedere di nuovo il il cielo sgombro da nubi e salendo su una mongolfiera che è il logo del suo studio di comunicazione The Brand Identity. Uno studio nato e cresciuto a Bari, al sud, in Italia, contro lo stereotipo secondo cui per crescere professionalmente dobbiamo per forza emigrare e restare lì.

Quando leggo storie come quella di Luca, come quelle di tanti altri ragazzi della nostra generazione che studiano, lavorano e con merito e impegno cercano ogni giorno di farsi strada con dignità in barba allo stereotipo del vecchio bacucco che sprofonda nella sedia in attesa della pensione, penso che c’è una speranza. Anzi, di speranza ce n’è più di una, a dire il vero: c’è la certezza che di persone capaci ce ne sono e che non vogliano essere solo replicanti né il prodotto del consumismo. Che hanno idee, che le portano avanti, che non hanno paura di lavorare davvero in squadra e di fare squadra con gli altri.

Se il passato recente non ci ha lasciato granché, è da persone giovani come Luca che possiamo e dobbiamo – tutti – imparare e riscrivere quel pezzo di storia che manca.

Laura Ressa


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La foto in bianco e nero che ritrae Luca Pagliara è stata da lui gentilmente fornita.
Le foto de @ilsolitopagliara sono tratte dal profilo Instagram pubblico di Luca Pagliara e “embeddate” nel testo con la sua autorizzazione.
Copertina: photo from Pexels

Scritto da:

Laura Ressa

Classe 1986 🌻 Digital Marketing Specialist & Web Writer 🌻 Frasivolanti