
Lo giro e lo rigiro tra le mani e non posso fare a meno di pensare “ora finalmente è mio!”
Si può dire lo stesso di tanti oggetti che nella nostra vita accumuliamo come cimeli; con alcuni di essi però avremo un legame più forte, simbolico.
L’album “Blue” della cantautrice Joni Mitchell per me contiene qualcosa di magico e mistico che travalica le note e oltrepassa le parole. Qualcosa che non è definibile dal genere musicale o solo da una serie di melodie più o meno simili perché riguarda anche me e non solo l’autrice.
Quest’anno per le vacanze abbiamo scelto l’Emilia Romagna.
Nel corso del tempo, e soprattutto nel corso dei miei viaggi, mi sono accorta di essere sempre più la somma delle mie paure, e più vado avanti più mi accingo a scoprirne di nuove a cui prima non pensavo.
Con le paure bisogna imparare a camminare a braccetto altrimenti ti trascinano agli inferi, e da laggiù risalire non dico che sia difficile ma quasi impossibile. Non so perché questa storia della paura mi abbia portato alla mente “Blue”: forse per una serie di immagini che si sono sovrapposte nella mente, per una serie di ragioni che vanno dai ricordi alle parole contenute nei testi dell’album.
Camminando per le vie di Forlì mi è quindi venuta voglia di acquistare il CD. Quelle canzoni le ho sempre sentite sui canali online di musica o su album di greatest hits. Mi mancava l’oggetto materiale, mi mancava quell’album specifico e ho sentito, d’improvviso, l’esigenza di averlo.
Di recente è stato l’anniversario della pubblicazione, e forse questo ha concorso a portarmelo alla mente. Fatto sta che mi è scattato questo obiettivo: cercare e trovare l’album “Blue” di Joni Mitchell. E non mi sarei accontentata certo di trovarlo su qualche e-commerce per poi farmelo spedire.
Ho provato prima a cercarlo nelle catene di negozi di libri e musica, senza trovarlo. Poi ho ho imboccato per caso una strada in cui volevo fotografare un murales. Lungo quella via casuale a un tratto ho letto l’insegna “Negozio di dischi alta fedeltà Calboli”. Che bello trovare ancora negozi di dischi! L’ho preso come un segno chiaro e sono entrata chiedendo e acquistando finalmente “Blue”.
Una persona incontrata ieri a Bologna mi ha detto che la vita va vissuta in ogni istante, che il momento appena precedente è già andato e non ritornerà e che dunque bisogna pensare al presente e già al dopo.
Non mi ha detto nulla di nuovo, a tutti sarà capitato di pensare o sentirsi dire questa massima di vita. Cogli l’attimo, suggeriva anche il film “L’attimo fuggente”.
Stavolta quella frase ha avuto però il sapore dell’ammonimento per me: così ho pensato “sto vivendo al meglio o al massimo la mia vita?” “E se mi accorgessi che non fosse così?”

Chi ha il termometro della vita in mano? Chi può dire se la sta vivendo al meglio?
Possiamo solo provare ad essere brave persone, a non fare del male al prossimo anche se attorno questa sembra essere diventata prassi comune. Dopo aver fatto tutto questo però resta ancora un residuo non indifferente: ciò che facciamo veramente per noi stessi.
Già perché non è una colpa pensare a se stessi, pensare a rendersi felici è un nostro preciso compito. Forse chi sostiene il contrario vuole farci sentire in colpa oppure non vuole la nostra soddisfazione. E in cosa si misura la soddisfazione poi? Da che lavoro fai? Da quanto guadagni? Da quanto è grande la tua casa? Da quanto hai speso per comprare i mobili che la arredano?
Dovremmo far caso più spesso al fatto che volersi bene è fare ciò che si sente senza costrizioni: comprare un CD, comprare un libro, sedersi a leggere, fermarsi solo ad ascoltare musica, sostare ad osservare un murales, scattare una foto a un piatto. E invece vorremmo correre in mille direzioni diverse, forse per non fermarci mai, forse per non pensare.
“Blue” di Joni Mitchell è l’album delle mie vacanze perché mi sono ricordata che qualche volta disimpariamo a vivere, e c’è bisogno che la musica, l’arte, la letteratura, le persone ci dicano come fare. Sì, qualche volta, anzi sempre più spesso, avremmo bisogno di fermarci solo a pensare e ad ascoltare noi stessi e gli altri.
Potremmo scoprire, come è accaduto a me in questi giorni, nuove storie di vita, nuovi stimoli, nuovi pensieri. Potremmo capire quanto forte sia l’influenza di una musica, di un luogo, di un racconto. Potremmo comprendere come fare della nostra vita un insieme di attimi in cui siamo stati presenti a noi stessi, attaccati alla vita, ma anche disposti ad accettare che, come ogni viaggio, a una certa stazione ci sarà il termine corsa del treno.
Laura Ressa
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Copertina: autoscatto con il CD di “Blue”